Le tagliatelle e il ragù alla bolognese sono il matrimonio perfetto. A Bologna sono una vera e propria istituzione, al pari dei tortellini rigorosamente serviti in brodo di cappone.
Un piatto dalla lunga storia, di cui si parla già al tempo dei romani, che accompagna la domenica in famiglia.
La storia delle tagliatelle
Sulle tagliatelle si sono espressi i più grandi della cucina italiana e non solo, Pellegrino Artusi riferisce che in origine si chiamavano i tagliatelli (Scappi, Panonto) e che fu il bolognese Tommaso Garzoni di Bagnacavallo, nel suo “La piazza universale di tutte le professioni del mondo” (Venezia 1616), a conferire a questo tipo di pasta fresca il genere femminile da cui le Tagliatelle.
Il nome Tagliatelle viene dal verbo tagliare; già al tempo del romano Apicio, gastronomo cuoco e scrittore vissuto probabilmente tra il 25 A.C. ed il 37 D.C., nel suo “De re Coquinaria” parla di lagane per intendere la sfoglia di pasta fresca all’uovo con cui si fanno le odierne lasagne e che ripiegata su sé stessa e tagliata, da origine alle tagliatelle che devono avere una larghezza dai 6 agli 8 mm.
La cosa certa è che nella vecchia Emilia esistevano le cosiddette “sfogline”, ovvero signore dedite totalmente alla preparazione dell’impasto e della sfoglia, per creare gustosi piatti di pasta fresca, tra cui le lasagne, i tortellini e le pappardelle.
Il termine si ritrova già nel Cinquecento, in un trattato del provveditore ducale alla corte estense di Ferrara Cristoforo di Messisbugo, pubblicato postumo nel 1549 col titolo “Banchetti compositioni di vivande, et apparecchio generale”. Nell’opera è riportata la ricetta di un formato di pasta chiamato “lasagnuolle overo tagliatelle tirate”, suggerendo un’origine comune con le lasagne. La ricetta riportata da Cristoforo di Messisburgo rispecchia in buona parte quella attuale.
Le tagliatelle vengono inoltre riportate nel 1593 fra i principali formati di pasta dall’ecclesiastico romagnolo Tommaso Garzoni. A quel tempo era in uso anche il termine al maschile “tagliatelli”, come testimoniato da ricettari dell’epoca come l’Opera di Bartolomeo Scappi.
Nel 1891 Pellegrino Artusi scriveva:
“Conti corti e tagliatelle lunghe, dicono i Bolognesi, e dicono bene, perché i conti lunghi spaventano i poveri mariti e le tagliatelle corte attestano l’imperizia di chi le fece e, servite in tal modo, sembrano un avanzo di cucina” (Pellegrino Artusi, La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene (1891)
Per creare un’aura illustre intorno alle amate tagliatelle nel 1931 un umorista bolognese Augusto Majani inventò una storia sulle tagliatelle:
“Nel 1487 il Signore di Bologna, Giovanni II di Bentivoglio, apprestandosi a ricevere la nobildonna Lucrezia Borgia in sosta a Bologna nel suo viaggio che la recava a Ferrara per sposare il duca Alfonso I D’este, diede incarico al suo cuoco di fiducia Mastro Zefirano di creare una pietanza che rendesse omaggio alla nobildonna, egli inventò le tagliatelle ispirandosi ai lunghi capelli biondi di Lucrezia Borgia”.
La ricetta delle tagliatelle
Gli ingredienti per l’impasto base sono farina di grano tenero e uova fresche a temperatura ambiente, seguendo la regola tradizionale di mettere un uovo ogni 100 g di farina.
La farina viene disposta a fontana sulla spianatoia, al centro del quale viene fatto un incavo col pugno. Le uova vengono rotte all’interno dell’incavo e la farina impastata portandone verso il centro poca alla volta, fino a che tutto sia ben amalgamato e si sia ottenuto un panetto liscio ed elastico ma abbastanza secco.
L’impasto viene lasciato riposare, coperto con uno straccio, per non meno di mezz’ora, affinché la farina possa agglutinare. L’impasto viene poi abilmente steso con un matterello fino a tirare una sfoglia sottile circa 1 mm o meno.
A questo punto, la sfoglia viene lasciata asciugare per qualche minuto. Una volta asciutta, la si arrotola delicatamente su sé stessa e la si taglia a fettine larghe 6-8 millimetri.
Infine, le tagliatelle così prodotte vengono stese su un piano infarinato e arrotolate a “nido”, lasciandole asciugare per qualche ora prima della cottura.
La misura ufficiale delle tagliatelle bolognesi
Il 16 aprile 1972 la Confraternita del Tortellino e l’Accademia Italiana della Cucina, depositarono presso la Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Bologna la ricetta e la misura della vera Tagliatella di Bologna. Un campione di tagliatella in oro è esposto in bacheca presso la Camera di Commercio. Le misure della tagliatella cotta stabilite corrispondono a 8 millimetri di larghezza (pari alla 12.270a parte della Torre degli Asinelli) equivalenti a circa 7 mm da cruda. Lo spessore non è stato codificato con precisione, ma i maggiori esperti in materia sostengono che deve essere tra i 6 e gli 8 decimi di millimetro. Per tutelare questa specialità petroniana è addirittura sorta la confraternita degli “Apostoli della Tagliatella Bolognese”.
La ricetta classica vuole che le tagliatelle siano condite con il ragù alla bolognese, preparato con polpa di maiale, vitello e manzo, macinate e cucinate in un soffritto di burro, pancetta, aromi, tirate a cottura con brodo, vino rosso e salsa di pomodoro, e generosamente coperte di Parmigiano. Esiste comunque un’altra versione in cui il condimento è costituito da un intingolo a base di prosciutto crudo.
Non tutti sanno che: “la Corte di Cassazione con pronuncia n° 75 del 17.01.1980, ha stabilito che solo alla tagliatella che risponde ai canoni fissati dalla Misura Aurea, cioè larga non più di mm 8 dopo la cottura, potrà essere affiancato il termine “bolognese”.
Il vero ragù alla bolognese una ricetta tra storia e leggenda
La ricetta del ragù alla bolognese è custodita dal 17 ottobre 1982 alla Camera di Commercio di Bologna. Ricordo che la Camera di Commercio, nelle sue funzioni di tutela e regolazione del mercato, è l’unico ente destinatario dei depositi delle tipicità bolognesi.
Il termine ragù deriva dal francese “ragout”, che significa risvegliare, rinnovare, in questo caso l’appetito.
Lynne Rossetto Kasper, una studiosa esperta delle origini della cucina italiana, afferma che il ragù alla bolognese si sia diffuso nel XVI secolo, nelle corti delle antiche famiglie nobili, anche perché la carne all’epoca era un alimento strettamente riservato alle classi adagiate.
Gli ingredienti del ragù alla bolognese
- 300 g di polpa di manzo (cartella o pancia o fesone di spalla o fusello) macinata grossa
- 150 g di pancetta di maiale
- 50 g di carota gialla
- 50 g di costa di sedano
- 50 g di cipolla
- 300 g di passata di pomodoro o pelati
- ½ bicchiere di vino rosso
- 1 bicchiere di latte intero, poco brodo olio d’oliva o burro
- sale e pepe
- ½ bicchiere di panna liquida fresca (facoltativa)
Sciogliere, in un tegame di terracotta o di alluminio spesso, di circa venti centimetri di diametro, la pancetta tagliata prima a dadini e poi tritata fine con la mezzaluna. Unire tre cucchiai d’olio o cinquanta grammi di burro e gli odori tritati fini e far appassire dolcemente.
Unire la carne macinata e mescolare bene con un mestolo facendola rosolare finché non “sfrigola”.
Bagnare con il vino e mescolare delicatamente sino a quando non sarà completamente evaporato.
Unire la passata o i pelati, coprire e far sobbollire lentamente per circa due ore aggiungendo, quando occorre, del brodo; verso la fine unire il latte per smorzare l’acidità del pomodoro. Aggiustare di sale e di pepe. Quando il ragù è pronto, secondo l’uso bolognese, si usa aggiungere la panna se si tratta di condire paste secche. Per le tagliatelle il suo uso è da escludere.
I versi di Lorenzo Stecchetti: “L’elogio della tagliatella”
I versi sono di Lorenzo Stecchetti (all’anagrafe Olindo Guerrini), romagnolo di nascita, ma bolognese d’adozione. Poteva andare diversamente, pensando a questo vero e proprio elogio della tagliatella?
Fate una pasta d’uova e di farina
E riducete rimenando il tutto
In una sfoglia, ma non troppo fina,
Uguale, soda, e sul taglier pulito,
fatene tagliatelle larghe un dito,
Che farete bollire allegramente
In molt’acqua salata, avendo cura
Che come si suol dir, restino al dente,
poiché se passa il punto di cottura,
Diventan pappa molle, porcheria,
Insomma roba da buttar via.
Mettete alcune fette di prosciutto
Tagliato a dadi, misto magro e grasso,
Indi col burro rosolate il tutto,
Scolate la minestra e poi conditela
Con questo istinto e forma, indi servitela.
Questa minestra, che onora Bologna
Detta la grassa non inutilmente,
Carezza l’uomo dove gli bisogna,
Dà molta forza ai muscoli e alla mente,
Fà prender tutto con filosofia.
Piace, nutre, consola e così via.
Il ragù alla bolognese è un condimento molto eclettico, sta bene su tutto e con tutto, compreso un crostino. Avete mai immerso un pezzo di pane nella pentola in cui avete appena preparato il ragù? Non c’è niente di più buono. Io adoro condirci gli gnocchi, proprio come era solita fare la mia nonna tutti i giovedì a pranzo.
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