Montisola o Monte Isola è l’isola lacustre più grande d’Europa e si trova al centro del Lago d’Iseo, che si divide tra le province di Bergamo e Brescia, in Lombardia. Definita dalla legislazione italiana “zona di particolare rilevanza naturale e ambientale”, da una decina d’anni è nella lista dei Borghi più belli d’Italia. Non per nulla è chiamata la perla del Lago d’Iseo.
Monte Isola è un comune circa di 1700 abitanti; si tratta di un “comune sparso” che comprende, nell’ambito del proprio territorio, dodici piccoli centri abitati di interesse storico. Siviano è il centro principale e sede istituzionale del Comune. Si raggiunge in pochi minuti di traghetto da Sulzano o da Sale Marasino – sulla sponda bresciana del lago – oppure, se si è fortunati, a bordo di un naèt, la tipica imbarcazione dei pescatori del luogo che ricorda una gondola veneziana.
L’isola è caratterizzata da una vegetazione folta e rigogliosa e i centri abitati da vicoli pittoreschi che il tempo ha miracolosamente mantenuto. A Montisola non è ammessa la circolazione delle auto, quindi il silenzio e la pace sono assicurati. La si può visitare a piedi o in bicicletta, in scooter o con il bus navetta, godendo così di spettacolari vedute sia sulla costa bresciana sia su quella bergamasca.
Monte Isola è un comune circa di 1700 abitanti; si tratta di un “comune sparso” che comprende, nell’ambito del proprio territorio, dodici piccoli centri abitati di interesse storico. Siviano è il centro principale e sede istituzionale del Comune. Si raggiunge in pochi minuti di traghetto da Sulzano o da Sale Marasino – sulla sponda bresciana del lago – oppure, se si è fortunati, a bordo di un naèt, la tipica imbarcazione dei pescatori del luogo che ricorda una gondola veneziana.
L’isola è caratterizzata da una vegetazione folta e rigogliosa e i centri abitati da vicoli pittoreschi che il tempo ha miracolosamente mantenuto. A Montisola non è ammessa la circolazione delle auto, quindi il silenzio e la pace sono assicurati. La si può visitare a piedi o in bicicletta, in scooter o con il bus navetta, godendo così di spettacolari vedute sia sulla costa bresciana sia su quella bergamasca.
Durante la mia visita ho incontrato Andrea Soardi, montisolano doc ed esponente di una famiglia di pescatori da quattro generazioni, a sua volta pescatore professionista. La pesca qui è infatti una tradizione tramandata da padre in figlio e il suo mondo, le sue abitudini, i suoi ritmi, sono legati a doppio filo alle stagioni.
La giornata lavorativa di Andrea inizia il pomeriggio verso le 15 e prosegue fino a quando la luce lo consente. La tecnica praticata è quella della “pesca volante”: le reti vengono cioè calate con dei galleggianti e durante la notte si spostano, seguendo i venti e le correnti, poiché non sono ancorate da nessuna parte.
Questa tecnica di pesca viene praticata principalmente nella parte nord del lago, che, essendo di origine glaciale e avendo numerosi affluenti, è più profonda e presenta correnti più forti. Qui si pescano il coregone, la trota, il salmerino, l’agone.
A sud, invece, a esclusione di alcune zone leggermente più profonde, mediamente il fondale non raggiunge i 20 m e le acque sono più calde e calme. In questa zona si pescano anguille, tinche, gamberi, pesce persico e lucci e si utilizzano tecniche diverse; non reti volanti, ma nasse e aeroplani, reti da fondo e da riva fisse e trappole.
Andrea mi racconta che, trascorsa la notte, alle prime luci del mattino vengono raccolte velocemente le reti. In barca, pronte ad accogliere il pescato, ci sono già le casse con il ghiaccio. Il pesce viene immediatamente selezionato per pezzatura, per specie e tipologia. Ovvero: se il pesce viene issato già morto è meno pregiato, se viene tirato in barca ancora vivo e guizzante nella rete le sue carni saranno migliori. Anche la quantità varia, più che altro secondo la stagione e il clima: nel periodo estivo si possono raggiungere i 50 kg al giorno, mentre nei periodi invernali ci si deve accontentare di poco.
Nel periodo invernale la pesca si concentra su un’eccellenza unica di questo territorio: la sardina, che viene principalmente essiccata e che è tutelata dal Presidio Slow Food Sardine essiccate tradizionali del lago d’Iseo. Una piccola e saporita ghiottoneria che rischiava di sparire e che, in effetti, non è una sardina, ma una specie di agone, l’Alosa agone, syn. Alosa fallax lacustris, che ha però una forma assai simile a quella delle sardine.
L’essiccazione è una tecnica antichissima per conservare il pesce; risale almeno a mille anni fa. Si pratica nel periodo invernale, quando si catturano gli esemplari migliori e più grassi, pronti ad affrontare il freddo della acque del lago. Dopo essere state eviscerate, ben pulite e lavate, le sardine vengono lasciate sotto sale per almeno 48 ore. Poi vengono messe a seccare al sole e all’aria per 30-40 giorni, tradizionalmente su rami di frassino piegati ad arco, infilandole una a una.
Raggiunto il giusto grado di essiccazione, le sardine vengono pressate o torchiate per far uscire il grasso, riposte in contenitori e ricoperte con olio di oliva locale. Sono pronte per la degustazione dopo 5/6 mesi, ma, avendo cura di cambiare l’olio dopo 9/10 mesi, si conservano anche fino a due anni. Le sardine diventano dorate, morbide e saporite e sono pronte per essere servite con aglio e prezzemolo, accompagnate da polenta abbrustolita come vuole la tradizione del lago.
Oltre alle sardine, sia intere che in filetti, vengono essiccati coregoni in filetti senza lisca, il cavedano senza lisca e senza pelle e la trota. Da poco viene anche prodotta una bottarga di pesce di lago (da coregone, sardina, luccio e persico): una novità assoluta e una prelibatezza molto apprezzata, che ha un sapore più delicato rispetto alla bottarga di pesce di mare e che si presta a differenti preparazioni in cucina. Le uova della giusta consistenza vengono immediatamente sgranate e poi lasciate essiccare, mentre il procedimento per la bottarga di mare prevede l’essiccazione della sacca intera delle uova.
Sul Lago d’Iseo e a Montisola i pescatori attivi, ovvero le persone che come fonte principale di reddito hanno la pesca, sono una decina, mentre le licenze superano di poco la trentina. Pensionati e appassionati tengono invece viva la tradizione della pesca per uso personale.
Andrea Soardi e il papà Fernando, ancora attivo e fedele compagno di lavoro, sono dell’idea che, per valorizzare il pescato del lago, occorra mettere in atto alcune fondamentali azioni post-pesca: l’immediata lavorazione del pescato e la consegna puntuale ai clienti, anche collaborando con altri pescatori per far fronte a ogni richiesta specifica. Un lavoro faticoso e artigianale che deve seguire però le moderne regole e ricavarsi una nicchia di mercato.
L’azienda Soardi fornisce quotidianamente una ventina di ristoranti con il pescato del giorno e gestisce dal 1948 il ristorante Locanda del Lago in località Carzano a Montisola. Il loro menù si basa principalmente sul pesce di lago cucinato fresco ogni giorno; si va dal delicatissimo carpaccio di trota alle trenette alla pescatora fino ai filetti di sardina essiccata.
Concludo la mia giornata salutando Andrea Soardi e ringraziandolo per il prezioso tempo che mi ha dedicato: sono davvero felice di aver scoperto una realtà del mio territorio che ancora non conoscevo.
Con questo post partecipo al “Gran Tour LOMBARDIA di AIFB”.