Il mito della Malvasia è il nome di un progetto di cooperazione che si pone l’obbiettivo di promuovere e valorizzare la Malvasia e le zone in cui essa viene prodotta.
Lo si fa attraverso la ricostruzione della sua importante storia, dall’origine e diffusione in tutto il bacino del Mediterraneo ai giorni nostri.
L’ambizioso progetto a livello europeo è portato avanti da tre GAL, gruppo di azione locale, nei cui territori è presente un’importante produzione di Malvasia, rilevante sia dal punto di vista economico che storico.
I GAL interessati sono:
- il GAL Partonas con sede nella Regione di Arcadia in Grecia, che rappresenta la città di Monemvasia da cui ha origine il nome Malvasia
- il GAL del Ducato che ha sede sia a Parma che Piacenza, territori in cui la coltivazione della Malvasia di Candia Aromatica è diffusa e dove si svolgono da diversi anni festival ed iniziative per la promozione di questo vino.
- il GAL dell’Istria Centrale con sede in Croazia, situata lungo la rotta commerciale che storicamente dalla Grecia portava il vino in Italia.
Il progetto ha come obbiettivo, dicevamo sopra, di promuovere e valorizzare la Malvasia e lo fa attraverso alcune azioni mirate.
Innanzitutto la ricerca storica sulla origine e diffusione della Malvasia nell’area del Mediterraneo, poi la promozione e sensibilizzazione di questo vino estremamente diffuso a livello locale ma poco apprezzato a livello nazionale, per rendere il consumatore finale consapevole dell’alta qualità di questi vini.
Le origini della Malvasia
La storia della Malvasia in Italia è strettamente legata alla Repubblica marinara della Serenissima e il forte ruolo commerciale che ha avuto per secoli. Grazie ai Veneziani il vino Malvasia era già famoso in tutto il bacino del Mediterraneo nel XII secolo.
Il nome Malvasia sembra derivi da Monemvasia, una città portuale greca situata nella parte sud del Peloponneso, fondata del 588 ed annessa alla Repubblica di Venezia nel 1419. Proprio qui venivano raccolti i vini provenienti da tante isole greche e in particolare da Creta, un tempo denominata Candia, per poi commercializzarli in tutta Europa. Il legame con la Malvasia a Venezia era fortissimo, le taverne all’epoca, infatti, erano chiamate “malvasie”. Insieme al vino sono arrivate anche le piantine di vite di Malvasia e hanno trovato in Italia il terreno adatto per prosperare rigogliose; basti pensare che ce ne sono ben 19 varietà.
A Parma e Piacenza la Malvasia ha trovato l’habitat perfetto, grazie alle caratteristiche uniche dei terreni, l’altezza e le condizioni climatiche. L’uva che viene vinificata produce vini frizzanti, fermi, amabili e dolci.
Il viaggio per scoprire il Mito della Malvasia
Il nostro viaggio alla scoperta della Malvasia di Candia Aromatica parte dal centro di Parma, con il sua bellissima piazza in cui si affacciano il Duomo e il Battistero, altissimi esempi di arte romanica.
La vita raccontata sulla facciata di entrambi lascia il segno e ci fa comprendere meglio quelli che erano i ritmi dell’epoca. Le persone comuni non sapevano ne leggere e ne scrivere e gli artisti, attraverso le iconografie scolpite sulla facciata e gli affreschi finemente dipinti all’interno dei due edifici, raccontavano la vita di Gesù ma anche la storia di tutti i giorni, lo scorrere dei mesi e delle stagioni.
Dopo la visita al centro storico ci siamo fermati per il pranzo, si deve far il pieno di energia per scoprire tutti i segreti della Malvasia. E cosa molto insolita ci siamo recati al ristorante Atmosfera che si trova proprio dietro al Battistero.
Il ristorante Atmosfera però è un ristorante greco e la prima domanda che passa per la mente a tutti è: « Perché mai si dovrebbe pranzare al ristorante greco in centro a Parma?» La risposta è più semplice di quanto si possa pensare, perché è proprio dalla Grecia che più di seicento anni fa la Malvasia è arrivata a Parma. Ma questo ristorante è speciale anche per un altro motivo, lo zio del proprietario possiede proprio a Monemvasia le viti di Malvasia da cui è bello sognare arrivino le viti qui in Italia. Il vino da loro prodotto è delizioso e si sposa alla perfezione con la cucina autentica che abbiamo avuto la fortuna di assaggiare. Degna conclusione del pranzo semplicemente delizioso, una Malvasia passita barricata da far andare in Paradiso senza passare dal via.
La scoperta del Mito della Malvasia continua e ci dirigiamo verso Salsomaggiore Terme, tra vigne che iniziano a cambiar di colore per vedere dove si coltiva la Malvasia di Parma. Certo che durante il tour ce ne toglieremo la voglia di vedere dei vigneti, ma ogni posto che abbiamo visitato ci ha fatto scoprire delle sfaccettature diverse di questo antico vitigno.
In ogni modo siamo giunti alla nostra destinazione, la Cantina il Poggio, che si trova sulla collina che sovrasta Salsomaggiore Terme e che gode di una vista pazzesca.
Mattia Ravanetti ci ha accompagnato a visitare i vigneti e poi la cantina, spiegandoci in modo molto esaustivo tutte le fasi di lavorazione che consentono di ottenere i loro ottimi vini.
La nostra visita si è conclusa con una degustazione dei loro vini accompagnati da ottimi prodotti locali, compresa un’ottima bruschetta preparata con il loro olio.
Il viaggio prosegue e dopo un meritato riposo siamo pronti per visitare un caseificio per scoprire come si prepara il Re dei formaggi italiani, il Parmigiano-Reggiano.
In caseificio bisogna andarci la mattina presto proprio perché le fasi salienti della lavorazione si svolgono nelle prime ore della giornata.
Il caseificio che ci ha accolto è La Traversetolese, a Traversetolo un grazioso paese sulle prime colline di origine celtiche e romane.
Qui si producono oltre 60 forme di Parmigiano-Reggiano al giorno che hanno vinto numerosi premi internazionali.
Ma come si prepara il Parmigiano-Reggiano?
Il latte munto della sera e quello della mattina vengono raccolti nella caldaia e portati alla giusta temperatura. Una piccola nota di servizio: il latte munto alla sera viene lasciato riposare a temperatura controllata tutta la notte in vasche apposite basse e lunghe. La parte grassa del latte affiora e la mattina viene raccolta e il latte parzialmente scremato viene aggiunto a quello intero della mungitura mattutina. Dal grasso affiorato si preparerà poi la panna fresca e in seguito il burro.
Eravamo rimasti al nostro latte riscaldato nella caldaia, appena ha raggiunto la giusta temperatura si aggiunge il caglio e inizia la fase di coagulazione. Le mani esperte del Mastro Casaro controllano l’operazione e danno il via alla cottura dei granuli. Questi cuocendo a temperatura controllata poi precipitano sul fondo della caldaia, che ha una forma conica studiata appositamente. Qui i casari, con gesti sapienti prelevano la cagliata dal fondo con dei teli appositi e la tagliano in due parti. Infatti da ogni caldaia si ottengono 2 forme.
Una volta scolate leggermente le forme vengono portate all’interno di una stanza e inserite nelle fasce per dare la forma definitiva al formaggio. Qui riposeranno il tempo stabilito e verranno poi portate alla salatura.
In seguito le forme verranno pulite e messe a stagionare sugli appositi scaffali. Trascorsa la stagionatura le forme, dopo appositi controlli da parte Consorzio e del Mastro Casaro, vengono marchiate a fuoco con il sigillo del Consorzio di tutela del Parmigiano-Reggiano DOP, per essere poi pronte per la vendita.
L’abbinamento perfetto con il Parmigiano-Reggiano è proprio con la Malvasia frizzante, un altro tassello per scoprire il mito della Malvasia.
Mi fermo qui con il mio racconto per invitarvi a leggere la seconda parte di questo week end alla scoperta del territorio parmense e del mito della Malvasia. Ci sono tantissime cose da raccontare e da farvi vedere e preferisco spezzare in due parti il mio racconto.
Info sul progetto GAL del Ducato.
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L’articolo Il mito della Malvasia: viaggio nella Food Valley proviene da Le ricette di Michi.