A Natale i dolci la fanno da padrone, comparendo sulle tavole e riempiendo subito di festa tutti i commensali.
Non importa quanto si è mangiato tra antipasti, primi, secondi e contorni vari… la golosità prende il sopravvento e per il dessert c’è sempre spazio.
Una raccolta tutta da visitare per scoprire le ricette di tutti i dolci tradizionali del Natale, dalle tipicità regionali a quelle nazionali.
Ingredienti: per 6 persone
200 g di farina gialla
100 g di farina bianca
80 g di burro
80 g di zucchero
1 uovo
1 limone non trattato
1 bicchierino di Grappa Valdostana
1 bustina di lievito
latte
burro per la placca
La Grappa Valdostana è ottenuta con vinacce di uve locali, residuo della vinificazione, sottoposte a un procedimento di distillazione detto discontinuo che, al contrario di quello industriale – in cui si utilizzano alambicchi a colonna –, consente di distillare limitate quantità di grappa.
Preparazione: 20’ più il tempo di riposo
- Versate sulla spianatoia i due tipi di farina, fate la fontana e unite al centro il burro, ammorbidito e tagliato a pezzetti, lo zucchero, l’uovo, la buccia del limone finemente grattugiata, la grappa e il lievito.
- Impastate il tutto, aggiungendo anche il latte necessario a ottenere un composto morbido.
- Lavorate ancora la pasta fino a quando sarà molto elastica, quindi formate una palla, copritela con un canovaccio e fatela riposare per almeno 30 minuti in luogo tiepido.
- Trascorso questo tempo, riprendete la pasta e lavoratela ancora brevemente, quindi dividetela a piccoli pezzetti; date a ognuno la forma di una ciambellina e appoggiatele, a mano a mano che sono pronte, sulla placca imburrata; rigate la superficie con i rebbi di una forchetta.
- Fate riposare le ciambelline per una decina di minuti
Cottura: 20’
- Passatele in forno caldo a 180 °C e cuocete per circa 20 minuti, fino a quando la superficie sarà ben dorata.
- Sfornatele e fatele raffreddare su una gratella prima di servire, decorando a piacere con sciroppo di frutti di bosco.
Vino consigliato: abbinate alle ciambelline, adatte anche a essere intinte nel vino, un bianco ricco di zuccheri come il Valle d’Aosta Chambave Moscato Passito o il Moscato di Noto.
Il Valle d’Aosta Chambave Moscato passito (conosciuto soprattutto nella denominazione in francese Vallée d’Aoste Muscat de Chambave flétri) è un vino passito DOC la cui produzione è consentita nella provincia di Aosta.
Colore ambrato, ma vivo, limpido, a tratti cristallino. Nel bicchiere scivola lentamente, grande materia e grande sostanza lascia presagire. Il primo naso è segnato da note leggermente smaltate, quasi di vernice, un sentore stranamente amarognolo che poteva ricordare il rabarbaro e qualche sentore di erba e fiori alpini appassiti. Ma pochi istanti dopo, all’improvviso, i sentori di uvetta passa, di fico… insomma i classici sentori di un passito che ricorda il Natale, un ritorno all’infanzia. Ma non finisce qui… ecco il miele, quello di castagno e poco dopo arrivano anche le spezie, lo zafferano in primis, e poi la cannella, lo zenzero anche un ricordo vagamente pungente che potrebbe ricordare quasi il peperoncino. Ma è più la sensazione di pungenza che il profumo vero e proprio… forse quella pungenza iniziale che faceva ricordare le note smaltate si è leggermente modificata, virando su questi sentori così difficili da individuare. Insomma, un profilo olfattivo di altissimo livello e cangiante, affascinante, che avvolge e conquista. Ma l’assaggio è quello che lascia completamente basiti, in senso positivo, ovviamente…
L’ingresso in bocca è segnato da una buona morbidezza a cui subito fa da contraltare una sapidità ed una acidità di altissimo livello. Non dimostra i suoi 20 inverni sulle spalle, è un vino verticale, non concede nessuna sensazione di “mollezza” o cedevolezza. Alcool presente che dà spina dorsale, ma mai eccessivamente fastidioso o fuori dalle righe.
Vino dalla grandissima bevibilità e dotato di una lunghezza e profondità impressionante. In bocca ritornano i sentori di miele e di fico che durano tantissimo, dolci senza mai essere stucchevoli. Anche perchè a sapidità e l’acidità permangono in sottofondo. Ed invogliano ad assaggiarne ancora, ed ancora.