Siamo alle porte di Reggio Emilia, dove si trova, in località Coviolo, il Podere Conti della Mutilena.
In questa proprietà della campagna emiliana, sorge un’Antica Acetaia figlia di una tradizione che risale alla metà del XVIII secolo. E sempre qui viene prodotta la linea di condimenti di qualità di cui vi voglio parlare oggi: la linea Buonaceto.
Ma andiamo con ordine.
I vigneti di famiglia sono il punto di partenza della produzione. Si tratta di vitigni selezionati, che regalano uve autoctone nere e corpose, come la lambrusca e la lancellotta, e che vengono coltivati con amore e dedizione. Tutto il mosto prodotto da queste uve, sotto il controllo del laboratorio interno dell’azienda, viene utilizzato per la produzione dell’aceto. E questo significa che l’intera filiera è corta, chiusa e controllata. L’aceto viene prodotto con un metodo assolutamente tradizionale, che sfrutta il microclima della zona per facilitare la maturazione e l’invecchiamento. Ma sapete come si produce l’aceto di vino? Cerchiamo di vederlo senza scendere troppo in questioni tecniche.
Si produce dal mosto d’uva, certo, che al termine della fermentazione alcolica e della trasformazione in vino, viene a sua volta trasformato in aceto, grazie all’intervento di speciali batteri che agiscono sull’alcol rimanente per la formazione dell’acido acetico. Normalmente gli acetifici ritirano il vino non idoneo al consumo dalle cantine, e con questo producono l’aceto. Per l’aceto balsamico, però, il procedimento è differente. Viene prodotto dal mosto concentrato (per ebollizione) e quindi sottoposto alle stesse fasi di fermentazione. Essendo però maggiore la concentrazione di zuccheri rispetto a quella di un mosto tradizionale, l’aceto finale riesce a conservare ugualmente un certo grado di dolcezza, risultando generalmente meno aggressivo.
C’è poi un ulteriore passo, che è quello dell’aceto balsamico tradizionale. Per quello DOP di Reggio Emilia o di Modena, così come per molti dei condimenti balsamici artigianali di qualità, in cui le due fermentazioni, di cui abbiamo appena parlato avvengono in contemporanea in botti a contatto diretto con i batteri, in condizioni assolutamente naturali.
La fermentazione che si sviluppa è così più lenta e discontinua, e si può sovrapporre ad altre fermentazioni e reazioni parallele.
Risultato: un aceto meno standardizzato e più aromatico.
Questa discontinuità è dovuta al fatto che lieviti e batteri hanno bisogno di condizioni ben definite per poter vivere e trasformare il substrato di fermentazione. E poiché queste condizioni non vengono controllate, i processi di fermentazione sono discontinui. La concentrazione dell’aceto balsamico avviene poi nel corso degli anni per effetto dell’evaporazione dell’acqua, dell’acido acetico e di altri composti volatili. Ecco quindi che il balsamico acquista via via le sue caratteristiche di dolcezza, profumo e rotondità. E soprattutto la sua caratteristica densità.
Eccoci dunque al punto: come si classifica la linea Buonaceto? Il marchio è di proprietà del Podere Conti della Mutilena di Gabriele Porfilio, ed è stato lo stesso proprietario a decidere di non entrare a far parte di nessun consorzio. Ma se proprio per questo motivo il prodotto non si può avvalere dell’appellativo di Aceto Balsamico, bisogna anche dire che la tecnica di produzione e le caratteristiche organolettiche dei balsamici Buonaceto possono essere tranquillamente assimilate all’Aceto Balsamico Tradizionale. Per intenderci, il profumo e il gusto sono del tutto assimilabili.
L’alta qualità dell’aceto è data, come si diceva, dal controllo totale delle materie prime. Il Podere Conti della Mutilena è un’azienda agricola a produzione viticola a ciclo chiuso, che vanta una collaborazione con l’Università di Modena. La filiera produttiva è dunque garantita: tutto il ciclo di lavorazione è interamente realizzato all’interno dell’azienda, che coltiva i propri vigneti, trasforma le proprie uve e usa la propria struttura esclusivamente per la propria produzione di aceto. Non solo: Podere Conti della Mutilena è probabilmente l’unico produttore di uve da condimento nei comparti di Reggio Emilia e Modena, nonché uno dei pochissimi produttori di uve in Italia a destinare tutta la produzione alla esclusiva realizzazione di aceto.
In cosa differisce, dunque, il condimento Buonaceto dall’Aceto Balsamico Tradizionale Dop? Innanzitutto la materia prima da cui nasce, che è costituita da uve prodotte esclusivamente per la produzione di aceto, e per questo lavorate sin da subito in modo completamente differente rispetto a quelle coinvolte nella produzione del vino. Il Capitolato degli Aceti Balsamici Tradizionali Dop non contempla questa selezione: i mosti acquistati normalmente dalle acetaie sono dunque quelli utilizzati dai viticoltori delle province di Reggio Emilia e Modena per fare il vino, che vengono concentrati in un secondo momento. Inoltre l’invecchiamento degli Aceti Balsamici Tradizionali Dop avviene con il metodo tradizionale, per rincalzi successivi in botti di legno dalla capienza decrescente. Buonaceto, invece, è invecchiato in silos ed in botti di legno di rovere secondo un proprio procedimento validato con l’Università di Chimica Agraria di Modena.
La premessa era d’obbligo per riuscire a comprendere l’impegno produttivo e il profondo studio che sta alla base di questa linea. Ed ora vi lascio il link al sito ufficiale di Buonaceto, in cui potrete sfogliare voi stessi tutti i prodotti dell’azienda.
Nelle prossime settimane vi presenterò queste specialità una alla volta, perché – credetemi – ognuna merita la giusta attenzione. A presto!
In collaborazione con Podere Conti della Mutilena