Lo aspettavo al varco da un paio di anni, e finalmente ha aperto a Cagliari, a giugno 2017, il ristorante Josto, di Pierluigi Fais. Stesso nome, stessa cucina, anche se più matura, concentrata e consapevole. Finalmente il percorso di Fais, promettente già da giovanissimo nel ristorante “Josto al Duomo” dell’albergo di famiglia ad Oristano, si sta delineando. Dopo avere traslocato nel capoluogo sardo, ma con la misura e il pragmatismo che lo contraddistinguono, e avere aperto una pizzeria, Framento, che in pochi mesi ha codificato quella che a mio parere è una delle migliori pizze d’Italia (premiata con i tre spicchi nella guida del Gambero Rosso), Fais alla fine è tornato in cucina. L’obiettivo è proporre piatti dallo stile molto personale, che traggono spunto dagli ingredienti e le materie prime più caratteristici della cucina sarda e giungono a rielaborazioni e abbinamenti guidati dal fil rouge delle acidità, sempre presenti e ben calibrate, vere protagoniste della cucina di Fais.
Il contesto cagliaritano di Josto, oggi, è completamente nuovo rispetto al ristorante dallo stile un po’ datato di Oristano. Situato accanto alla centralissima Piazza del Carmine, Josto è un locale moderno e minimale, ma caldo e confortevole, dallo stile post industriale: pareti in cemento, quadri disposti geometricamente, impalcature in tubi Innocenti a sostenere moduli in legno anni Settanta, nello stesso stile dei tavolini con poltroncine morbide di colore arancio, lampade sospese, con un occhio al vintage, vista la presenza di un giradischi e di diffusori acustici sospesi che suonano musica rock, blues e soul. La sala è dominata dall’area completamente a vista della cucina e da un bancone in okite grigia, dove lo chef compone i piatti.
A brevissimo, il ristorante Josto aprirà una seconda sala, adiacente alla prima, dove lo chef Pierluigi Fais ha scelto di conservare le finiture originali e che sarà arredata in uno stile più soft: pavimento in parquet, tavoli rotondi, musica di sottofondo più morbida. In sala, una scala in legno porterà a un ulteriore spazio destinato a un piccolo privè adiacente alla cantina, che Fais cura personalmente e che arricchisce in modo costante.
A pranzo, il ristorante Josto propone un menu a 15 euro (Il rancio del pranzo), mentre a cena si può scegliere tra due convenienti menu degustazione, oppure alla carta. Il primo menu degustazione, “Breve ma intenso”, è composto di tre portate a scelta dello chef, inclusi acqua e coperto, al prezzo di 33 euro. Il secondo menu degustazione (“Lungo e largo”) costa 48 euro e, quando abbiamo visitato il ristorante, si componeva di cinque piatti: verdure d’estate, sogliola alla parmigiana, risotto vernaccia e casitzolu, maialetto, torrone e pan’e saba. Alla carta si può scegliere tra sei antipasti tra i 10 e i 25 euro: si va dal manzo, arachidi e alloro (10 euro) fino alla selezione di crudo (25 euro). I primi piatti sono quattro, tra i 13 e i 15 euro. I secondi piatti sono cinque e vanno dai 16 euro della “pecora bollita 2.0” ai 23 euro della “bistecca di vacca loca”.
Il benvenuto dello chef Pierluigi Fais è un crostino di pane acidulato al lime, con burro al tonno. Contemporaneamente, in tavola arrivano il pane carasau al timo di Sadali e il pane realizzato con lievito madre. Elegante ma informale il vasellame in terracotta smaltata, dai bicchieri alle brocche per l’acqua, come anche i tovaglioli con la “J” di Josto ricamata. Come antipasto, abbiamo scelto le “verdure estive”: un minestrone fatto con una brunoise di ortaggi misti, accompagnato da un brodo freddo che nasconde al suo interno una quenelle alla crema di pecorino sardo. Un antipasto molto fresco, dalla gradevole acidità, ben bilanciata dalla cremosità del formaggio. Perfetto per aprire una cena e stimolare l’appetito.
A seguire, un primo piatto: il risotto alla vernaccia e casitzolu. Realizzato con un riso Carnaroli sardo, mantecato con burro acido alla vernaccia di Oristano dell’azienda Silvio Carta, e ricoperto di formaggio casitzolu a doppia stagionatura e timo fresco. Il piatto è davvero ben eseguito, con un riso al dente e dalla grande cremosità e una acidità anche in questo caso spiccata, che smorza il gusto pieno del casitzolu, rendendo un piatto potenzialmente troppo grasso molto piacevole e intrigante.
Buono anche il “raviolo di melanzane”: la delicata farcia di crema di melanzana, insaporita da abbondante formaggio, crea un piacevole contrasto con l’acidità della salsa al limone e la nota amarostica dalla polvere di bucce di melanzane. L’unico appunto è che il gusto della melanzana nella farcia è risultato un po’ in secondo piano rispetto agli altri ingredienti.
Divertente il secondo piatto, creato da Pierluigi Fais durante la sua esperienza oristanese e diventato ormai una delle sue ‘ricette simbolo’: la “pecora bollita 2.0”, che rivisita un piatto icona della gastronomia tradizionale in Sardegna. Si tratta di carne di pecora, sgrassata e lessata in brodo di verdure, poi sfilacciata e composta in una terrina. La carne viene ripassata e rosticciata in padella per ottenere una crosta croccante. A completare il piatto, una maionese molto fluida alla senape e erbette amare semplicemente lessate. Anche in questo caso l’acidità e le note amare e vegetali delle erbette equilibrano bene la pur leggera untuosità della carne di pecora.
Per finire il pasto, un dolce dai sapori decisamente sardi e un altro più fresco ed estivo. Il primo, chiamato “Torrone e Sapa”, è un gelato al torrone di Tonara, servito con pane carasau imbevuto di sapa (mosto d’uva cotto) ed essiccato in forno fino a renderlo nuovamente croccante, e guarnito con polvere di arance. Un dolce decisamente poco dolce, dal piacevole e persistente finale amaro dato dalla polvere di arancia e dal retrogusto di caramello della sapa.
Il secondo dessert è uno zabaione freddo, servito con praline di melone verde (varietà “piel de Sapo”) aromatizzate al vermouth, arricchito da un crumble di pasta frolla. Un dolce molto fresco e decisamente adatto alla stagione. In cucina, con Fais, ci sono altri due cuochi, uno addetto ai primi piatti e uno ai secondi piatti. Il servizio in sala è molto attento, cortese, rapido e informale.
La carta dei vini segue la personale selezione dello chef Pierluigi Fais, amante sia dei grandi vini della Sardegna, dal Cannonau al Carignano del Sulcis, sia delle bollicine francesi e dei grandi rossi del Piemonte. In carta, anche qualche buona denominazione siciliana, come il passito di Pantelleria. Vista l’alta qualità già raggiunta dalla cucina, ci piacerebbe alla prossima visita trovare nel ristorante Josto degli impiattamenti ancora più curati e originali, capaci di valorizzare ulteriormente il percorso di degustazione.
Cagliari è senz’altro la realtà più dinamica della Sardegna in materia di ristorazione: finalmente anche le guide più importanti si sono accorte dell’alto livello raggiunto da questa città. Mi riferisco a chef come Stefano Deidda (Dal Corsaro) e ai tanti ristoranti che reinterpretano in chiave moderna e di tendenza la cucina sarda: dall’estroso Luigi Pomata fino a I Sarti del Gusto passando per Osteria Kobuta e Cucina.eat. In questo panorama gastronomico in grande fermento e in movimento costante, il ristorante Josto si inserisce con i migliori presupposti.
(visitato nell’agosto 2017)