Dovrebbe essere annoverato tra le patologie che danno diritto a giorni di malattia o cose del genere.
Rimettersi in carreggiata, riprendere la routine temporale di ogni giorni è scomodo e ci mettiamo un po’ per riabituarci a quei ritmi. Eppure il fare quella determinata cosa ogni giorno ci da un senso di organizzazione, un senso di sicurezza. Funziona nella nostra testa un po’ come il fatto che nel primo cassetto del comodino sappiamo che ci sono le mutande e nel secondo i calzini. Sono punti cardinali della topografia della nostra vita, in cui ci sentiamo al sicuro e capaci di muoverci senza incertezze.
Siamo fatti della stessa materia di cui sono fatte le #ferie.— FedericoCampolattano (@federcampo) 13 marzo 2017
No, l’abitudine è un’altra cosa. L’abitudine sono io che mi sveglio la mattina, prendo la tazza di latte, ci verso i cereali dentro, accendo la macchinetta del caffè, verso il latte nella tazza, mi siedo a tavola e leggo le notizie del giorno. Ogni mattina.
Ma questo non sono io.No.
Io sono quello che non sai se l’indomani mattina si alzerà per fare colazione. Non sai se berrà il caffè, mangerà i cereali o si farà un’omelette. Questa è abitudine e l’abitudine mi va stretta. Ma, per quanto non sia legato a questo tipo di abitudini, sono per forza di cose legato ad altre: tutte le mutande nel primo cassetto e tutti i calzini nel secondo cassetto. Sono piccoli riferimenti, apparentemente banali, ma di fondamentale importanza per il nostro equilibrio interiore.
Le vacanze sono “la notte di capodanno” della nostra quotidinità. Prendete cento mentos e buttatele in un bicchiere di coca-cola. Il risultato sono le nostre ferie.
Riprendersi dal trauma del rientro è difficile. Una sorta di domenica mattina dopo sbornia: mal di testa, svogliatezza, disorientamento, nervosismo. Tutto normale.
Ma allora come fare?
La soluzione?
Non ne ho la più pallida idea.
Dopo aver fatto un’overdose di novità, l’unica cosa che vuoi fare è entrare in casa, posare le valigie, attaccare internet (perchè prima di essere partito lo hai staccato dalla presa), aprire la finestra ed urlare a squarciagola. Cosa? Non importa: urlare e basta.
Quindi, posso semplicemente dire come faccio io: mi siedo, scrivo (non importa dove: fogli, quaderni, lavagne…), riorganizzo le mie cose, analizzo il viaggio e comincio a pensare alle prossime ferie, non come concetto di riposo, ma come voglia di scoprire.
Naturalmente poi nel mezzo c’è la vita di cuoco che amo con tutte le mie occhiaie di ore di sonno perse e che per nulla al mondo cambierei, ma quella è un’altra storia.
Non ho idea di quali possano essere le tecniche che utilizzano gli altri per riprendersi, ma mi piacerebbe conoscerle, se ce ne sono.
Ah, con questo post sul blog ho ripreso a pubblicare settimanalmente. No, questa non è abitudine, è organizzazione, che se non faccio così il blog rischia di essere sommerso dalla polvere.
The perfect wear to fly today! pic.twitter.com/bcFuEKEUva— FedericoCampolattano (@federcampo) 8 marzo 2017