La storia del Montenegro inizia nel 1885 quando Stanislao Cobianchi, bolognese, erborista e destinato alla carriera ecclesiastica, dopo un viaggio intorno al mondo, riuscì a mixare erbe e spezie conosciute e apprezzate nei suoi viaggi, creando un liquore inconfondibile.
Il suo nome è frutto della dedica a Elena di Montenegro, futura Regina di Italia. Nel 1885 Cobianchi aprì il primo laboratorio “Distilleria Stanislao Cobianchi”, in un sottoscala. Nel 1906 ci fu una prima espansione a cui ne segui una seconda nel 1921, quando D’Annunzio pur essendo astemio, esaltò le proprietà dell’Amaro. La produzione si interruppe solo durante la guerra.
Da 40 specie botaniche, che provengono da tutto il mondo si producono per infusione, macerazione o bollitura le sei essenze necessarie per fare il Montenegro, a cui si aggiunge il “premio” (sentori di vaniglia, arancio, panettone….) settima nota aromatica che caratterizza il suo sapore. Dal Magadascar la vaniglia, dalla Cina il thè, dallo Srilanka la cannella, dall’Africa …..
40 specie botaniche che si suddividono per Pure (es.origano, timo…), Aromatiche (come chiodi di garofano, Noci moscate), Mucillaginose (come alcune Artemisie), Pungenti (ad esempio la Liquirizia), e Alcaloidi (the, zenzero….).
Per bollitura si intende acqua scaldata in cui, in maniera dinamica si cerca di far infondere l’aroma delle specie botaniche. I tempi e le temperature sono scelti in funzione del mix di erbe e fanno parte della ricetta che è il segreto dell’Amaro Montenegro. Per Macerazione, si intende prendere una miscela di acqua e alcool al cui interno viene messa una miscela di spezie. La distillazione generalmente comporta una estrazione solo della parte alcoolica, separando la parte solida il prodotto viene distillato producendo una gradazione alcoolica che va da 32 a 50 gradi.
Risultato 6 essenze. Quale viene messa prima e quale dopo, quanta ne viene messa di una e quanto dell’altra sono scelte che riguardano la ricetta gelosamente conservata e conosciuta solo da 2 persone.
10 Assaggiatori seguono il percorso della lavorazione delle erbe e della distillazione. I prodotti vengono codificati in modo che non siano riconoscibili e la miscelazione viene gestita da un computer e trasferita nei serbatoi. Un parte di lavorazione viene fatta in uno stabilimento e parte in un altro a Teramo, ma là non sanno cosa viene fatto qua e viceversa. Tutto per mantenere la riservatezza della ricetta.
Ci sono gli strumenti ma niente è più efficace del “naso” di chi assaggia. L’esperienza è una componente umana indispensabile. Le persone devono pensare a cosa succederà nel tempo. Dopo uno, due, tre anni…Alcune note escono con il tempo.
Fu Ippocrate, padre della medicina moderna, a capire che se utilizzo erbe aromatiche con giuste caratteristiche amaricanti posso alleviare alcuni disturbi di stomaco, testa, nausea. Artemisia ad esempio, le radici, i legni, la genziane, le foglie di arancia, i fiori, ……
I suoi scritti vennero ripresi per produrre diverse bevande sia dal punto di vista terapeutico, che per piacere. I primi che capirono l’importanza di questo lavoro, furono i Romani. Nella cultura Romana spesso i Signori, mangiavano sdraiati, la digestione era così più lenta. Mangiavano cibo non leggero ma ricco e abbondante. Iniziarono a mettere in infusione le erbe aromatiche, artemisia e genziana e miele e si accorsero che queste bevande aiutavano la digestione.
Soprattutto nei monasteri si sviluppa la passione di mettere le erbe aromatiche in infusione nel vino, nell’alcool. Soprattutto dal punto di vista terapeutico e poi per piacere. Se guardiamo le ricette degli amari sono spesso nate nei monasteri. Nei monasteri intorno al 1300-1400, perché gli unici che sapevano leggere e scrivere erano i monaci e il sapere restava all’interno dei monasteri. Nacquero così gli Elisir di lunga vita. Estratti puri con acqua e vino o alcool. Solo dopo il 500 con l’arrivo dello zucchero raffinato si è passati alla bevanda per piacere.
Gli amari rendono più piacevole il pasto. Possono aiutare se sia ha mal di stomaco, nausea…. il gusto amaricante viene percepito “dietro” dove ci sono le papille gustative e stimola la salivazione aiuta lo stomaco a prepararsi per il pranzo o aiuta la digestione.
Ed ecco che Stanislao Cobianchi mette insieme la sua cultura appresa girando per monasteri e quella di viaggiatore per produrre l’Amaro Montenegro. Oggi lo stesso di 130 anni fa.
Matteo Bonoli Herbalist, dice: “noi siamo quotidianamente allenati a sentire gli aromi e riconoscere tutte le note di Amaro Montenegro e capire se qualche cosa non corrisponde al suo profilo sensoriale.”.
C’è la mandorla nel Montenegro? C’è il fungo nell’Amaro Montenegro. Non si sa, ma l’importante è che l’interazione fra i composti aromatici sia una sinergia che vi fa sentire delle note che originariamente magari non ci sono. C’è un bilanciamento tra il dolce e l’amaro. Si apre con l’amaricante e con una parabola arrotondata, si conclude con le note più dolci. Lasciando anche una sensazione tattile: corposità, fluidità, pastosità che emana Montenegro. Perché in realtà in bocca abbiamo un sacco di percettori sensoriali per l’appagamento dei sensi.
L’Amaro Montenegro è ancora uno degli Amari più conosciuti, consumati e apprezzati in Italia. Tradizione inalterata non solo nella ricetta e nelle materie prime di qualità, ma anche nella bottiglia che è rimasta la stessa nel tempo.