Ieri sul palco interno del Suq 2016 si è svolto un laboratorio davvero originale e curioso.
Sempre nel tema della multiculturalità, i nostro “cucinosofo” genovese per eccellenza, Sergio Rossi ha condotto una dimostrazione su come cous cous e pesto posso incontrarsi e fondersi diventando un piatto davvero appetitoso.
I più potranno storcere il naso, sia mai, il pesto si fa rigorosamente con le trenette.
Ma sappiate bene che in questa commistione di ingredienti, non vi è nulla di nuovo.
Il cous cous non è altro che una pasta, preparata e cotta in maniera differente alla nostra, ma pur sempre una miscela di acqua e semola di grano duro. Cambia solo la sua forma.
Sul palco, assieme a Sergio Rossi, c’erano Alessandra Fasce, di Genova, vincitrice del VI Campionato Mondiale di Pesto, e Ahlam Benlebgar, del Marocco, proprietaria della Trattoria Sultana di Genova Bolzaneto.
Nell’oretta di laboratorio entrambe le signore si sono avvicendate nel preparare le loro specialità: Alessandra, ha svelato qualche piccolo segreto sul pesto al mortaio, mentre Ahlam ha magicamente creato il cous cous partendo solamente da pochissima semola di grano duro finissima.
Per quanto riguarda il pesto, Alessandra ha tenuto a specificare che non vi è ricetta precisissima, ognuno lo fa seguendo il proprio gusto, specialmente nell’aggiunta dei formaggi, ma osservando certe piccole attenzioni durante la fase di “pestaggio” si può otterene un pesto davvero ottimo.
Inanzi tutto si comincia mettendo nel mortaio aglio e pinoli, si pesta delicatamente, avendo cura di mantenere sempre il fondo del marmo pulito, utilizzando solo la parte bassa della pareti per pestare. Poi si aggiungono le foglioline di basilico, a una a una, e si pesta continuamente fino a ottenere la grana desiderata: più fine o più spessa, a seconda dei gusti.
Ora si aggiungono il pecorino e il Parmiggiano Reggiano, si mescola tutto con il pestello e infine si amalgama con l’olio.
Per quando riguarda il sale, Alessandra si è raccomandata di metterne davvero molto poco, pechè spesso il pesto tende a esser salato, specialmente se si utilizza un po’ più di pecorino.
Poi per quando riguarda la pratica, ha spiegato che più se ne fa, meglio è… quindi forza tutti a pestare nel mortaio per prepare dell’ottimo pesto genovese!
Ahlam ha portato con se un piatto di ceramica basso e largo (gsa’a) e la couscoussiera, una pentola speciale composta da due parti, una inferiore dove bollono acqua o brodo, e una superiore, forata dove si cuoce la semola.
Poi ha cominciato versando la semola di grano duro nel grande piatto, l’ha aspersa di un poco di acqua, un pizzico di farina, e in ultimo ha cominciato a fregare tutti gli ingredienti tra i palmi delle mani praticando movimenti circolatori.
E lavorando la semola, mano a mano che quest’ultima assorbiva l’acqua, si sono formati dei granelli. Granelli che poi Ahlam ha passato al setaccio, per creare così il cous cous vero e proprio da cuocere successivamente a vapore.
Ma mica è finita qui, per cuocere il cous cous a vapore, bisogna dargli una prima cottura di circa 15 minti, poi vuotarlo nel piatto grande, la gsa’a, rimescolarlo con un poco di olio e ricuocerlo un altro quarto d’ora a vapore.
Infine si versa nuovamente nel grande piatto di ceramica e dopo averlo ben steso si condisce.
Un anedoto è stato raccontato, molto curioso: il nome cous cous, in arabo Seksu, probabilmente deriva dal suono prodotto dai braccialetti ornamentali delle donne arabe che, battendo sulla gsa’a durante la lavorazione del cous cous, tintinnavano. Onomatopeicamente, con seksu si è voluto ricreare questo rumore.
Una volta preparati pesto e cous cous, molto semplicemente si uniscono assieme, si da una bella mescolata, si aggiungono le patate e i fagiolini, e infine si serve.
Un’unica accortezza: lasciate il pesto un po’ più liquido, così da non creare un piatto troppo asciutto e stucchevole.
Prossimamente, vi posterò la mia ricetta, sempre che convica marito a mangiarla e a utilizzare il suo “prezioso” pesto per condire il cous cous!