La stagione calda fa capolino e, finalmente, arrivano le ciliegie uno tra i frutti più amati di questo periodo dell’anno. Originaria dell’Asia Occidentale e introdotta migliaia di anni fa da Lucullo, si diffonde capillarmente nel nostro territorio solo un paio di secoli fa.mForse non tutti sanno che la pianta di ciliegio (Prunus avium) fa parte della famiglia delle Rosacee, la stessa a cui appartengono le rose. Da questa specie nascono le ciliegie dolci, sia quelle a polpa tenera (tenerine) che quelle a polpa dura (duracine). Viceversa le amarene e le amarasche nascono sul Prunus Cerasus e, nonostante non siano particolarmente apprezzate fresche, vengono impiegate soprattutto per produrre sciroppi, marmellate e liquori tra i quali i maggiormente riconosciuti sono il maraschino lo cherry brandy e il kirsch.
La polpa carnosa e il sapore zuccherino di questo frutto viene decantato già dai Greci che lo soprannominarono il “Frutto del Paradiso” per la sua irresistibilità. La produzione italiana è una delle maggiori a livello mondiale e vanta moltissime varietà diverse classificate in due famiglie: duracine e tenerine. Le ciliegie duracine (duroni) hanno una polpa croccante e dura e sono riconoscibili dal colore rosso nerastro o bianco; le tenerine, invece, hanno polpa succosa e morbida e si presentano con un caratteristico colore nero o rosso.
ciliegie hanno un’azione antinfiammatoria delle articolazioni e antidolorifica grazie al loro contenuto di antociani, da cui deriva il caratteristico colore rosso, efficaci antiossidanti che combattono il dolore e le infiammazioni. La presenza di flavonoidi ne fanno un valido alleato nella lotta ai radicali liberi e alla prevenzione di malattie cardiovascolari. L’acido in esse contenuto, malico per la precisione, favorisce la digestione degli zuccheri e l’attività del fegato con effetti depurativi e drenanti sull’organismo.Le ciliegie, inoltre, proteggono il cavo orale per la presenza di metalli preziosissimi quali zinco, rame e cobalto, che svolgono una naturale funzione antibatterica. E allora visto che la loro presenza sul mercato è breve mangiamole anche in modo diverso dal solito.
Ingredienti
320 g riso Carnaroli (Riserva San Massimo)
200 g ciliegie
8 gamberi rossi (Rosso di Mazara®)
0,5 dl vino bianco secco
olio extravergine di oliva
prezzemolo fresco
sale, pepe
Procedimento
Denocciolare le ciliegie e ridurle a grossi spicchi, dente donne alcune da parte per la decorazione del piatto.
Preparare i gamberi rossi sgusciandoli, privandoli del budello intestinale, conservando le teste e i carapaci, conservare al fresco dopo averle irrorate con un filo d’olio e coperte con pellicola per alimenti.
In una padella rosolare i carapaci e le teste dei gamberi e due gambi di prezzemolo, privati delle foglie, con un filo d’olio, bagnare con 1/2 bicchiere di vino e lasciar ridurre il tutto, raccogliere in una ciotolina, passando al colino e schiacciando il tutto per recuperare bene i succhi.
Riscaldare il riso a diretto contatto con la pentola in cui verrà cotto senza alcun condimento. Meglio una pentola in acciaio, con fondo spesso che garantisce continuità di temperatura, riducendo gli sbalzi termici.
Il calore deve essere medio-alto, evitando però di bruciare il riso.
Tostare il riso per almeno 2′ min circa muovendolo spesso con un mestolo.
Portare a cottura il risotto unendo semplice acqua calda leggermente salata poco alla volta, mescolando spesso.
A cottura ultimata, allontanare dal fuoco unire le ciliegie poco prezzemolo, precedentemente tritato, e mantecare con olio extravergine di oliva e una cucchiaiata di fondo di gamberi.
Per servire disporre il fondo di gamberi in ciascun piatto e sovrapporre il risotto, sistemare al centro 2 code di gamberi rossi e qualche spicchio di ciliegia.
Per questa preparazione ho utilizzato Del riso Carnaroli Superfino della Riserva San Massimo che nasce in una zona fertile e pianeggiante a breve distanza dal terrazzo che domina la Valle del Ticino, a Gropello Cairoli, nella Lomellina in provincia di Pavia.
Il processo di produzione del Riso Carnaroli Superfino della Riserva San Massimo, dalla trebbiatura al confezionamento, avviene ancora in modo artigianale e tradizionale. Ciò permette al riso di mantenere integri il sapore, la fragranza e tutte le qualità organolettiche ottenute durante la crescita che avviene in un ambiente naturale e incontaminato dove la conformazione geografica ed ambientale non ha subito i mutamenti portati dall’agricoltura intensiva.