Dal profondo Oriente: i fermentati

L’Oriente, terra misteriosa e sconfinata, patria di popoli dalla storia millenaria è anche custode di tradizioni culinarie molto diverse dalle nostre ma che ben poco hanno da invidiare all’Occidente. La conformazione delle loro terre, infatti, insieme alla diversità di climi e di latitudini, ha fatto sì che si sviluppassero fortemente alcune tipologie di prodotti a danno di altri che sono stati importati dall’Occidente. Tra gli ingredienti più utilizzati e che accomunano un po’ tutto l’estremo Oriente abbiamo il riso, la soia, lo zenzero, il cavolo. Estremamente versatili, questi elementi sono la base di una buona percentuale di piatti ma oggi andremo ad analizzare cosa succede a questi ingredienti in seguito alla fermentazione, (un processo di trasformazione in cui l’elemento viene aggredito da batteri) e lo faremo analizzando i 3 Paesi più rappresentativi dell’Estremo Est.

La Cina

Più di 3000 anni fa la Dinastia Zhou gettava le basi della coltivazione di un legume assai versatile, utilizzato largamente ed apprezzato per le sue qualità corroboranti: la soia. La soia è una pianta di medie dimensioni e produce i semi (la parte commestibile) in baccelli che vanno, in seguito, sgranati. In realtà anche i germogli sono utilizzati, soprattutto in insalate e primi piatti. Tra tutti gli utilizzi, come accennato, la soia può essere consumata mediante un processo di fermentazione. E’ straordinario vedere quanti diversi prodotti e quante diverse consistenze nascano dalla fermentazione della soia. Ne vediamo alcuni:

– il Tofu è considerato più un formaggio, in effetti, poichè deriva dalla rottura della cagliata ma si parte sempre da una fermentazione acida della soia; a sostegno di ciò, il termine cinese significa, letteralmente, carne imputridita;

– il Tempeh è una sorta di seitan a base di soia. Il processo di lavorazione inizia con l’ammollo ed il bollore dei fagioli di soia che vengono messi a contatto con un batterio e tenuti a temperatura costante per almeno 24h. Ne deriva una sorta di panetto di consistenza morbida.

– il Miso si prepara come i due prodotti già citati, con un diverso batterio ed aggiungendo orzo o riso. Il processo di fermentazione dura dai 12 ai 24 mesi (se non si ricorre a processi industriali). E’ molto indicata per insaporire e condire zuppe.

– la Salsa di Soia è forse il derivato più conosciuto ed utilizzato in occidente. Il processo con il quale si giunge alla salsa così come la conosciamo non differisce troppo da quanto già detto in precedenza: ai chicchi, tostati e schiacciati, si aggiungono grano e koji (il batterio che farà “la magia”) e la fermentazione dura dagli 8 ai 12 mesi. Se non si aggiunge il grano, il processo trasformerà la soia in Salsa Tamari.

E queste sono solo alcune delle derivazioni, poichè altre lavorazioni non appartengono alla cultura cinese.

Il Giappone

Sebbene meno versatile della soia, l’ingrediente individuato per il Giapponese è il riso. Tutti i paesi dell’estremo oriente fanno largo uso del riso ma il processo di fermentazione ha un’unica trasformazione (contrariamente alla soia): il sake. Ebbene sì, la famosa bibita alcolica giapponese, servita in un tokkuri (la classica bottiglietta) si estrae dal riso.

Il processo è sempre il medesimo e si basa sulla trasformazione del riso dovuta ad un batterio ma ciò che più è rilevante è che il nome originario fosse sake masticato in bocca poichè in origine interi villaggi usavano masticare i chicchi di riso per poi sputarli in tini ed aspettarne la fermentazione. La saliva, infatti, riusciva a trasformare gli amidi in zuccheri e, dopo giorni di fermentazione, nasceva una squisita bevanda alcolica e dolciastra. Per fortuna, qualche secolo dopo, ci si rese conto che l’attecchimento di un batterio sul riso (batterio Koji) restituiva lo stesso risultato, producendo una bevanda di stesso gusto (e consumabile senza problemi anche in tempo di Covid-19, ndr). Già nel VII a.C. l’impero giapponese creò un Istituto per la salvaguardia e la produzione del Sake.

La Corea

Il Paese del Calmo Mattino ha una storia più recente (per così dire) rispetto ai Paesi di cui abbiamo parlato prima ma ugualmente affascinante. La sua popolazione discende dalla Mongolia, la cultura è di origine cinese, transitata per la storia millenaria giapponese e risente di tutte le influenze. Dinastie diverse, popolazioni che si sono susseguite, storia, cultura e letteratura che si sono avvicendate ma un punto fisso, attestato dal I sec a.C. (nei documenti a noi pervenuti): il kimchi

Il kimchi è una fermentazione, tradizionalmente, del cavolo cinese ma in realtà è talmente versatile da essere utilizzata anche con varie verdure. La sua preparazione non segue una ricetta ben codificata ma i passaggi sono chiari: ai primi accenni dell’autunno, le verdure venivano poste in otri di terracotta, interrati per tenere la temperatura costante, e venivano coperte di un sale poco più massiccio rispetto a quello in uso quotidianamente. Si lasciava macerare, pronto per il consumo nei mesi invernali. L’aggiunta del peperoncino, arrivato in epoca più tarda nella cultura culinaria coreana, fu ben accolta, tanto da renderlo spezia fissa nella preparazione. Col passare del tempo le verdure cambiarono a seconda della disponibilità del periodo e della zona in cui si preparava.

 

“I prodotti fermentati migliorano la salute del tratto gastrointestinale, riducono le manifestazioni allergiche nei soggetti predisposti, riducono l’incidenza di alcune tipologie di cancro. E non pochi studi confermano il valore degli alimenti fermentati.”(da Manuale dei Cibi Fermentati, Michela Trevisan.

Il cibo fermentato, che si tratti di verdure o di carni/pesci, è fortemente più semplice all’assimilazione da parte dell’organismo, adduce un maggiore apporto di vitamine, assorbe il colesterolo e combatte l’insorgere di malattie cardio-vascolari.

Non ti piace il Tofu? Pensi che i fermentati siano retaggio di una cultura che non ci appartiene? Bene, allora tieniti lontano dall’italianissima Colatura di alici!

 

L’articolo Dal profondo Oriente: i fermentati proviene da Ristorazione con Ruggi.

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