Torta Dobos

La celeberrima torta Dobos (la S si legge come la “sc” in “scienze”) fu inventata nel 1884 dal pasticcere ungherese Jószef Dobos. La ricetta ha un particolare significato storico, sia perché è tra le prime in assoluto in cui compare una crema a base di burro, sia per via del fatto che fu forse la prima torta a diventare davvero famosa a livello internazionale, principalemente per lo zelo del suo inventore, che la portò letteralmente in un tour promozionale per mezza Europa, dopo averla lanciata a prezzo stracciato all’esposizione nazionale di Budapest nel 1885. La composizione particolare e il caratteristico disco caramellato che forma l’ultimo strato la rendono particolarmente durevole tra i dolci alla crema, cosicché Dobos poté farne un discreto smercio postale, in un periodo in cui le spedizioni non erano rapide come al giorno d’oggi.

La torta Dobos servita al Café Gerbeaud

Il posto più tradizionale dove gustarla è il Café Gerbeaud, che nonostante il nome francese si trova a Budapest, ma a differenza di altre torte famose, la ricetta originale non è segreta: fu donata da Dobos stesso all’associazione che riuniva i pasticceri della città e si reperisce facilmente in rete nell’originale ungherese.

Questa è proprio quella versione, che credo compaia online per la prima volta in italiano. Come sono munificente!

La ricetta non è estremamente difficoltosa, ma è piuttosto lunga. Prendetevi almeno tre ore. Mi raccomando: non vi fate spaventare dagli ingredienti e leggete la nota all’inizio della ricetta!

Per gli strati di pasta:

  • Uova medie: sei
  • Zucchero bianco semolato: 100 grammi
  • Farina bianca finissima (tipo 00):
  • Burro: 35 grammi

Per la crema:

  • Uova medie: quattro (quindi 10 in totale)
  • Zucchero al velo da aggiungere alle uova: 200 grammi (ma v. nota all’inizio della ricetta)
  • Burro: 235 grammi (ma v. nota all’inizio della ricetta)
  • Zucchero vanigliato da aggiungere al burro: 17 grammi (ma v. nota all’inizio della ricetta)
  • Massa di cacao: 35 grammi, a trovarla! (v. nota all’inizio della ricetta per le alternative)
  • Burro di cacao: 35 grammi, a trovarlo! (v. nota all’inizio della ricetta per le alternative)
  • Cioccolato fondente di buona qualità: 200 grammi (ma v. nota all’inizio della ricetta)

Per il caramello:

  • Zucchero bianco semolato: 150 grammi

Dosi per otto porzioni esatte, né più né meno.

La ricetta originale dà le dosi in lat, un’unità tradizionale ungherese che ho convertito in grammi (con discreta approssimazione). La crema richiede burro di cacao e massa di cacao, che sono normalmente disponibili solo ai pasticceri professionisti. Potete sostituirli discretamente o rispettivamente con 35 grammi di cioccolato bianco e 35 del più scuro che trovate (es. 99% cacao), oppure direttamente con altri 70 grammi di cioccolato fondente. Niente cacao in polvere! Lo zucchero vanigliato è un residuo di un’epoca in cui la vaniglia pura, specie nell’Impero Austroungarico, rimaneva un lusso costosissimo. Sostituitelo con 17 grammi di zucchero comune e mezzo cucchiaino di estratto di vaniglia o anche solo i semi di mezza stecca. Per il burro, non accontentatevi del primo che trovate: cercate il più costoso burro centrifugato. Dobos scriveva “burro da tè”. Dopo la ricetta, alcune spiegazioni a riguardo. Lo zucchero a velo per la crema deve essere assolutamente senza amido e senza vanillina. Trovarlo non è facile, ma se non ne avete potete semplicemente usare dello zucchero semolato. Visto come lo si usa, non credo possa fare molta differenza.

Incominciamo! Per prima cosa occorre preparare sei dischi sottilissimi di una sorta di pan di Spagna, che si cuociono rigorosamente uno per volta. Con una matita disegnate sei cerci di 22 cm di diametro su altrettanti fogli di carta da forno. Accendete il forno statico a 160–170 °C e, già che ci siete, tirate fuori dal frigorifero il burro per la crema. Fate fondere il burro e lasciate che arrivi, fuso, a temperatura ambiente. Se è inverno, tenetelo sopra a un termosifone per impedire che solidifichi. Nel frattempo, battete a neve ferma ma non fermissima gli albumi delle sei uova, aggiungendo metà dello zucchero quando iniziano a crescere. Separatamente, montate i tuorli con l’altra metà dello zucchero fino a che non formano una schiuma bianca e densa; ci vorranno almeno 10 minuti. Incorporate i due composti di uova e zucchero, versateci sopra il burro, mescolate pochissimo e, lavorando molto dolcemente dal basso verso l’alto, incorporate la farina setacciata, cercando di far smontare il composto il meno possibile. Se vi sentite più sicuri a far così, potete anche preparare uno per volta l’impasto di ciascun disco usando un solo uovo e dividendo per sei le dosi di zucchero, burro e farina. Naturalmente, questo metodo è alquanto più laborioso.

Voltate i fogli di carta da forno dalla parte senza segni in matita (!) e spalmateci sopra tutto l’impasto diviso in sei parti uguali, raggiungendo il bordo. Verrà uno strato di circa 3–4 mm. Cuocete ciascun disco in forno per pochi minuti, fino a che non inizia appena a prendere colore. In cottura, l’altezza cresce un po’, ma non moltissimo. Una volta che ciascun disco è un po’ raffreddato, va staccato delicatamente dal foglio, senza schiacciarlo. Non impilate i dischi l’uno sull’altro: si attaccherebbero. Se vi serve lo spazio, teneteli separati con la carta da forno sui quali li avevate cotti.

Una volta cotti e raffreddati i dischi di pasta (o anche prima di prepararli), sciogliete assieme a bagno-maria il cioccolato e, se li avete trovati, il burro e la massa di cacao, sempre mescolando e senza scaldarli più del necessario. Lasciate poi che si raffreddino fino a temperatura ambiente o quasi. Con una frusta, lavorate molto a lungo il burro con lo zucchero vanigliato (o, meglio, lo zucchero con la vaniglia), fino a che non diventa una crema soffice. Rompete le uova in un un pentolino con il fondo spesso e aggiungete lo zucchero. Mettete sul fuoco bassissimo e fate scaldare mescolando continuamente fino a raggiungere la temperatura di massimo 85 °C, alla quale il tuorlo inizia a coagulare. Se non avete o non volete usare un termometro, tenete un dito nell’uovo: quando è troppo caldo e avete bisogno di levarlo, oppure appena sentite che inizia ad attaccarsi, significa che è pronto e che va immediatamente tolto dal fuoco e magari fatto un po’ intiepidire in acqua fredda. La prima volta è facile sbagliare questo passaggio (che pure è semplice!) e fare una frittata zuccherata, perciò non sarebbe una brutta idea avere almeno altre quattro uova di riserva. Nel dubbio, fatelo scaldare meno di quanto non sarebbe perfetto. Sempre per prudenza, potete passare il tutto per un colino. Battete molto forte le uova zuccherate con una frusta, fino a che non saranno del tutto raffreddate e non avranno l’aspetto di una crema densa. Aggiungete un po’ alla volta le uova e il cioccolato al burro lavorato, fino a ottenere una crema uniforme.

Scegliete il disco di pasta più bello e mettetelo da parte. Spalmate molto uniformemente sul primo disco di pasta circa un settimo della crema: i due strati dovranno avere circa lo stesso spessore. Sovrapponete alla crema un secondo disco di pasta e su questo altra crema, e proseguite così fino al quinto strato di crema. Mano a mano che impilate i dischi, abbiate cura di schiacciate delicatamente la torta in modo da renderla piana ed eliminare eventuali bolle d’aria. Usate la poca crema che rimane per ricoprire i lati della torta. Molte ricette moderne prevedono che siano poi ricoperti di noci tritate. Lo potete fare, ma come vedete anche dalla foto, non ci sono nell’originale.

In un pentolino, fate caramellare lo zucchero a fuoco basso, fino a che non raggiunge un colore piuttosto scuro. Versate immediatamente il caramello ottenuto sul disco di pasta che avevate messo da parte e spargetelo uniformemente con un cucchiaio. Lavorate velocemente, prima che inizi a solidificare e badate a non bagnare di caramello superfici sensibili al calore e a non toccarlo coi diti (la temperatura è di varie centinaia di gradi!). Mentre il caramello è ancora abbastanza tenero, passate la lama di un coltello liscio in un panetto di burro (per evitare che si attacchi) e praticate quattro incisioni sul caramello stesso, in modo da dividerlo abbastanza profondamente in otto spicchi. Una volta che sarà freddo ed indurito, premete sulle stesse incisioni col coltello in modo da separare le otto fette. Disponete gli spicchi di caramello in bell’ordine sopra la torta. Di solito ora li si dispone sollevati su un ciuffo di crema, ma nella ricetta originale dovrebbero stare del tutto poggiati.

Mettete al fresco e servite dopo qualche ora. Si taglia, naturalmente, in modo che ciascuno abbia uno spicchio di caramello!


Gli ungheresi, a quanto pare, ci tengono particolarmente a sottolineare in tutti i modi che la torta Dobos ha sei strati. Non otto, sei. Indovinate con chi ce l’ho???

E ora, la promessa nota sul burro: sappiate che in Italia possiamo vantare il peggiore al mondo. Che il burro si ottenga dalla panna, penso sia conoscenza comune. Meno noto, invece, è che il Grana Padano e il Parmigiano Reggiano si preparano con latte parzialmente scremato e che proprio questo fatto rende inevitabilmente tremendo il nostro burro. I disciplinari di produzione di questi formaggi, infatti, prevedono che il latte crudo sia scremato rigorosamente per affioramento, ossia aspettando semplicemente che la panna salga da sola in superficie, a temperatura ambiente. Dati i nostri livelli di produzione di formaggi duri, abbiamo tanta panna da non saper che farcene, tutta derivata come sottoprodotto di questa lavorazione. L’affioramento però richiede varie ore, durante le quali naturalmente molti batteri iniziano la loro azione, facendo inacidire il prodotto, che deve essere pastorizzato e spesso anche trattato con qualche sostanza alcalina per mascherare il difetto. Per quanto si tenti di rimediare, tuttavia, il burro che si ricava dalla panna inacidita mantiene spesso un sapore sgradevole, tendente al rancido, che si nota particolarmente quando lo si consuma crudo. All’estero, la panna di regola si ottiene invece più semplicemente centrifugando il latte crudo: un metodo immediato che non porta a nessuna perdita di qualità e che permette di avere un burro assai più dolce e delicato del nostro. In tutti i casi in cui il burro è cotto, la differenza non si nota poi tanto, ma per le ricette che lo prevedono crudo e in grandi quantità, conviene cercare nei supermercati forniti il burro centrifugato o prodotto all’estero, che costerà solo poco di più.

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