Recensioni: Porte aperte a Roma da Altrove, quando la ristorazione è anche integrazione

Da Altrove le porte sono sempre aperte. Lo sono state per chi oggi ci lavora, lo sono per chi vuole fare dei corsi di cucina e di sala investendo sul proprio futuro e lo sono per chi decide di gustare i piatti di questo ristorante che non ama definirsi etnico ma, piuttosto, “contaminato”. Altrove, aperto da febbraio 2017 a Roma, a due passi da Eataly e dalla stazione Ostiense, è un ristorante sociale nato da un progetto di Cies Onlus, il Centro informazione ed educazione allo sviluppo, che tramite MaTeMu (centro di aggregazione giovanile), ha dato vita a un percorso gratuito di formazione per giovani italiani e stranieri di seconda generazione, minori non accompagnati, e rifugiati, che possono diventare aiuto cuoco, aiuto pasticcere e operatore di sala. Il claim di Altrove è “porte aperte sul mondo” e la formula copre l’intera giornata: dalla mattina, intorno alle 10, per una colazione con lievitati, torte e pasticcini freschi, per proseguire a pranzo con una offerta che privilegia piatti unici, con proteine, carboidrati e verdure in formule flessibili e a prezzi convenienti (tra 9 e 13 euro), fino agli aperitivi serali e a una cena che si propone come gourmet. Finora, dai corsi di formazione sono usciti 60 ragazzi e ragazze tra i 16 e i 25 anni: novanta le ore di lezione teoriche e pratiche, comuni a ogni indirizzo, mentre sessanta sono specifiche a seconda del corso prescelto. Dopo l’esame finale, gli allievi svolgono un tirocinio retribuito da Altrove, dove si tengono i corsi di formazione, o in altre realtà romane aderenti all’iniziativa. Il successo di questi corsi è tale che in questa ultima edizione, a fronte di 15 posti disponibili, sono giunte oltre duecento richieste. Direttore del ristorante è Sandro Balducci, il responsabile della formazione e della cucina è Lorenzo Leonetti, la chef che conduce la linea del pranzo è Claudia Massara, mentre la panificazione e la pasticceria hanno la supervisione di Valerio Parisi. La cosa più importante, alla quale dovrete pensare gustando la vostra cena, è che i ricavi del ristorante Altrove vengono reinvestiti interamente nel progetto di formazione sociale.

L’ambiente è ricavato all’interno di un locale che prima era una panetteria e che è stato ristrutturato aprendo gli ambienti e realizzando un’ampia cucina al piano interrato, mentre la pasticceria si trova sullo stesso livello dei tavoli e del bar. Il locale è ampio, arredato in modo minimale, dotato di un intimo soppalco, musica di sottofondo, pareti con prevalenza di toni chiari illuminate da piccoli oggetti a tinte forti, turchese e giallo ocra. Domina la sala un lungo bancone, elegante e originale, costruito con parti di portoni e finestre che richiamano la filosofia del locale: l’apertura e l’accoglienza. E’ disponibile un menu degustazione a 45 euro (7 portate), mentre la carta offre una proposta non ampia ma ben calibrata di antipasti, primi e secondi. Il tutto con una attenzione particolare alle esigenze della dieta vegetariana-vegana e al senza glutine. Tutti i piatti sono il frutto di un confronto tra gli chef che supervisionano il progetto e gli stessi ragazzi, che hanno voluto mettere qualcosa della propria cultura nella ricette: lo si nota nell’uso di ingredienti come lime, frutta secca, zenzero, cous cous, peperoncino, frutta esotica (mango), latte di cocco, tutti uniti in piatti che, nella maggior parte dei casi, raggiungono un gustoso e saporito equilibrio. La provenienza dei ragazzi in cucina e in sala è varia: bacino del Mediterraneo, Italia compresa, ma anche Bangladesh, Congo, Zambia.

 

Ho provato la cucina di Altrove a cena, su invito dell’associazione che gestisce il ristorante, e ho ordinato alla carta provando molti piatti in menu. Premetto che le porzioni sono decisamente abbondanti e, quindi, è possibile cenare con soddisfazione ordinando anche solo uno o due piatti alla carta, e conservando uno spazio per la piccola pasticceria, che merita un’attenzione particolare. Il ristorante Altrove ha un occhio molto attento a solidarietà e impegno sociale anche per quanto riguarda i fornitori e i prodotti usati, rigorosamente selezionati e di stagione. Tra i prodotti: il pomodoro dell’azienda La Fiammante (protagonista dell’impegno contro il fenomeno del caporalato in agricoltura), lo yogurt della coop Barikamà, che coinvolge giovani africani, la Bottarga di Tavolara di Ittica sarda, il cous cous palestinese di Maftoul distribuito da Altro Mercato, la pasta del pastificio agricolo Mancini (Marche), la carne delle pecore di Martignano (allevate allo stato brado sulle sponde del lago), i formaggi del caseificio Cibo agricolo libero (curato dalle detenute del carcere di Rebibbia per ProLoco Dol) . In pasticceria, cioccolato Valrhona, burro della Normandia, uova da galline allevate a terra, farine bio di Molino Silvestri macinate a pietra, nocciola del Piemonte Igp, mandorle di Avola e pistacchio siciliano. Il pane è fatto quotidianamente in casa, con il lievito madre. La cena inizia con un aperitivo offerto dalla casa: un calice di Cincinnato spumante brut a base di uva Bellone e melanzane “perlina” (mini melanzane) al forno con filetto di peperone e cipolla.

Nella carta degli antipasti (8-14 euro), con ampia scelta per vegani e intolleranti al glutine, ho assaggiato la Melandola (10 euro): una crocchetta (impanata nell’avena) con all’interno una ratatouille di verdure e uva cilena, servita con una spuma di mandorle: panatura croccante e non unta, bella l’accoppiata con la dolcezza delle mandorle.

Ho provato anche la ceviche, che amo particolarmente, marinata con mela verde e peperoncino (14 euro): piatto in quantità sufficiente per due persone, con pesce fresco e ovviamente abbattuto tagliato a cubetti e non a tartare, con una forte acidità dovuta alla mela verde e al lime. Un antipasto perfetto se amate il pesce crudo, i gusti freschi e volete stare leggeri.

Ancora, ho assaggiato un piatto chiamato Tavolara, di ispirazione sarda (12 euro): base fatta di “seada” sarda vuota, ricoperta da stracciatella di bufala, nastri di sedano croccante e un’ottima bottarga di Muggine dell’isola di Tavolara, in Sardegna, realizzata in modo completamente artigianale. Un piatto convincente e particolare, non leggerissimo, magari da accompagnare a un secondo poco impegnativo.

Per nulla convincente, invece, anche se il gioco dei colori è molto attraente, la crema fredda di piselli, con fragole fresche e quenelle di ricotta di bufala ricoperte di cioccolato fondente (8 euro), ben lontana dall’equilibrio tra ingredienti che sono difficilmente accostabili in un antipasto. L’unico piatto che onestamente non ho apprezzato.

Tra i primi (tra 13 e 16 euro) ho assaggiato un ottimo cous cous, che vi consiglio molto, fatto con frumento integrale (quello palestinese Maftoul di AltroMercato) con verdure grigliate, mirtilli rossi e mandorle tostate. Cous cous ben sgranato, ben cotto. Un piatto semplice ma interessante che richiama influenze mediterranee e medio-orientali.

Poi, mezzi paccheri del pastificio Mancini con ragù di pecora al tinto della Maremma e conciato di Rebibbia (15 euro):
forse uno dei piatti migliori in assoluto di Altrove, per sapori intensi, qualità degli ingredienti, equilibrio generale. E un plauso alla cottura della pasta, ben al dente.

Ultimo assaggio di primi, i ravioli fatti in casa ripieni di dentice e patate, con conserva di pomodori del piennolo de La Fiammante (16 euro): piatto di ottima fattura e gusto, serviti anche in questo caso in quantità abbondanti (nove ravioli a porzione).

Veniamo ai secondi (tra 14 e 21 euro): meritano un plauso, le Kofta di Martignano (16 euro), delle polpette speziate di pecora, morbide e succulente, accompagnate da una interessante e ben abbinata salsa piccante di feta e pistacchi, servite su un misto di rape e carote al forno. Potete tranquillamente ordinarlo come piatto unico o dividerlo in due persone e vi assicuro che non ve ne pentirete. Sarà che a me piacciono le rape rosse e bianche, ma ho trovato molto gustoso anche il contorno.

Buono anche il pollo brasato ai fiori di finocchio selvatico e zenzero, con insalata di fagiolini all’agro (15 euro): un piatto leggero, dal gusto delicato, ma con una carne cotta a puntino, che è rimasta succosa, e una verdura croccante, come piace a me.

L’ultimo assaggio è stato “Salonicco”, un polpo rosticciato in panure al limone, servito con melanzane arrosto su hummus di ceci al rosmarino (17 euro): i tentacoli del polpo erano molto grandi, anche in questo caso la porzione era sufficiente per
due persone. La cottura del polpo, prima a bassa temperatura e poi passato in piastra, gli ha dato una grande morbidezza e in questo piatto i richiami mediorientali erano ben presenti. Forse avrei dato solo un tocco in più di acidità nella panure.

Per concludere, il ristorante Altrove non offre dessert al piatto, ma una piccola selezione di pasticceria in stile francese che varia costantemente, anche perché è il frutto dei corsi di pasticceria che i ragazzi seguono nel pomeriggio. Il livello generale della pasticceria è alto, come hanno dimostrato i vari mignon che abbiano assaggiato: golose combinazioni di pasta sablé, mousse al cioccolato fondente o bianco, con inserti in lampone, caramello, albicocca, lemon curd e meringa all’italiana che hanno regalato belle sensazioni di acidità e giochi di consistenze che non sfigurerebbero nella vetrina di una pasticceria di livello. La carta dei vini è ancora in allestimento, e si vede, non tanto per la piccola scelta, quanto per la mancanza di indicazioni precise sia sul produttore sia sulla denominazione di appartenenza del vino proposto. I ricarichi, tra bollicine, bianchi e rossi, sono medio-alti. Manca ancora una proposta di vini da dessert e di rosati. Nota di merito, sicuramente, per il servizio in sala: due giovani operatrici che si sono rivelate educate, sorridenti, attente alle esigenze dei clienti, preparate e simpaticissime.

(visitato a giugno 2017)

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