Recensioni: Cambiamenti, a Roma tra cucina etica e piatti 100% italiani

Non c’è solo l’impegno a proporre una cucina moderna e leggera ma anche l’idea che la ristorazione abbia il dovere di contribuire a dare una mano concreta alle piccole e piccolissime imprese agricole e alimentari. Creato dall’idea di due soci, lo chef Federico Cucchiarelli e Federico Silvi che gestisce la sala e la cantina, il ristorante Cambiamenti punta a diventare una alternativa creativa e moderna a ristoranti di cucina romana in una fascia di prezzo simile, ma anche luogo che propone un cibo di qualità che possa dirsi davvero sostenibile. Aperto a metà del 2016, Cambiamenti si trova in via Furio Camillo, quartiere Appio Latino di Roma, una zona residenziale non distante da Piazza San Giovanni, dove l’offerta gastronomica è costituita prevalentemente da pizzerie e trattorie tradizionali, con poche proposte gourmet di livello. Appena venti coperti, in un ambiente moderno ma con poco calore: arredamento nei toni neutri tra nero, grigio e legno naturale.


I ventiseienni proprietari, aiutati in sala da Federico ed Ernesto, sono stati allievi di Heinz Beck a La Pergola e hanno fatto parte dello staff che per Beck ha curato le aperture di alcuni ristoranti all’estero (Londra e Stati Uniti). Tornati a Roma, hanno lavorato entrambi con lo chef Giuseppe di Iorio al ristorante Aroma di Palazzo Manfredi, finché non hanno deciso di aprire il proprio locale seguendo la propria filosofia di cucina. Nel minimalismo dell’ambiente, sono piacevoli le numerose piante grasse che crescono in grandi vasi-mensola all’interno della sala. Due grandi vetrate guardano sulla strada, opacizzate a metà altezza per garantire la privacy del cliente. Razionale anche la mise en place, su tavoli neri, senza tovagliati, né sottopiatti. Il locale è volutamente (troppo) poco illuminato, nonostante la presenza di un impianto di faretti sul soffitto, non utilizzati a vantaggio di piccole candele sui tavoli. Atmosfera romantica ma preferiremmo vedere bene cosa c’è nel piatto.


Il menu del ristorante Cambiamenti rispecchia l’essenzialità del locale: tre antipasti (13-15 euro), tre primi (13-15 euro), tre secondi (17-20) e due dolci (8-10 euro). Due le proposte di degustazione, a scelta dello chef tra i piatti elencati in carta (ma sono ben accette eventuali preferenze del cliente): la prima da quattro portate a 35 euro e la seconda da sette portate a 50 euro (bevande escluse). In carta si trova sia la lista completa e molto dettagliata degli allergeni, sia la lista di tutti i fornitori delle materie prime, che sono prevalentemente laziali e, comunque, esclusivamente italiani. Le farine con cui viene preparato il pane provengono dal Molino Agostini di Ascoli Piceno, il riso è un vialone nano dell’azienda veneta El Restel, il sale è delle saline di Cervia, la cioccolata è di Modica dell’antica dolceria Bonajuto, così come siciliano è l’olio extravergine di oliva, che proviene da Agrigento (oleificio Lu Trappitu), mentre la bottarga è della cooperativa sarda Nieddittas. Il pesce viene dalle coste laziali o sarde, mentre le carni provengono da allevamenti allo stato brado a Campagnano di Roma. La frutta e la verdura vengono forniti dal Consorzio dei produttori dell’Acqua Fredda.

Abbiamo scelto il menu degustazione di sette portate. La cena si è aperta con un aperitivo a base di olive di Gaeta e pop corn appena saltati. Piacevole il benvenuto dello chef: un confortante consommé di carne e Parmigiano Reggiano 36 mesi con erbe aromatiche, servito in un elegante bicchiere balloon, e pensato per preparare il palato alla degustazione. Poi, insieme al pane fatto in casa (con lievito di birra e farine tipo zero e tipo uno) è stato servito l’olio siciliano e il sale di Cervia.

Il ristorante è molto vicino alla filosofia vegetariana e ha una o due proposte verdi per ogni tipologia di portata. I piatti di carne in carta sono pochi, anche se un secondo di carne è sempre presente: la scelta del ristorante predilige animali adulti, tra cui il maiale allevato allo stato brado, manzo, coniglio, faraona, e tagli e pezzature poco comuni che lo chef vuole valorizzare. Il pesce è invece ben rappresentato. Convincente il primo antipasto: una crocchetta di ceci con spuma di yogurt e germogli di porro. Croccante, non unta e saporita la crocchetta, la cui frittura è ben bilanciata dall’acidità dello yogurt e completata dal sapore pungente, a tratti piccante, dei germogli di porro.

A seguire, uno sgombro, con acqua di melograno, misticanza e crema di topinambur. Buona la cottura dello sgombro (succoso), non abbastanza croccante la pelle, poco presente il gusto del topinambur ma piacevole l’abbinamento con la freschezza del succo di melograno. Il piatto è diventato più complesso e accattivante con l’aggiunta di qualche goccia di olio extravergine di oliva.

Come primi piatti sono arrivati in tavola una pasta ripiena e un risotto con formaggio caprino di Campagnano di Roma e una crema di zucca mantovana (coltivata dal papà dello chef Federico). Quello tra la zucca e il formaggio acidulo è un abbinamento di successo e di lunga tradizione: il gusto è risultato nel complesso molto ben equilibrato. Peccato per il grado di cottura del riso, che avrebbe sicuramente meritato almeno due minuti in meno in tegame. Ci è stato spiegato che la media del pubblico romano non gradisce un risotto al dente e che, quindi, il ristorante Cambiamenti ha preferito optare per una soluzione intermedia. Visto che è sempre un piacere trovare un risotto in carta sotto il Rubicone, al Centro Sud, e che il risotto era buono, suggeriamo di chiedere al cliente come preferisca la cottura del riso, in modo che sia completamente soddisfatto del piatto.

Dopo il risotto, sono arrivati in tavola dei cappelletti ripieni di patate, porri e menta, serviti con acqua di pecorino. Una sfoglia sottilissima che racchiude un ripieno morbido e saporito, dove il gusto della menta è risultato leggermente preponderante. Un piatto nel complesso ben riuscito. Conoscendo l’effetto untuoso dell’acqua di pecorino, avrei aggiunto una nota acida (scorza di lime?) per dare più freschezza al raviolo.

 

Vegetariano uno dei due secondi piatti provati al ristorante Cambiamenti: un fungo cardoncello, servito con erba medica, salsa al prezzemolo, chips di grano arso, salsa all’aglio e crema di funghi. Nonostante il fungo non fosse selvatico ma coltivato, e quindi con un sapore non intenso e a tratti acquoso, è stato ben valorizzato da un’ottima crema di funghi, densa e profumata, e da una ben eseguita e aromatica crema d’aglio. Piacevole la nota fresca apportata dal prezzemolo e dall’erba medica, mentre la chips poggiata sul fungo ancora ricco di acqua aveva ovviamente perso la sua croccantezza. Nel complesso, una buona interpretazione.

L’unico piatto che non ho trovato affatto convincente è stato il secondo di carne. Un capocollo di maiale, allevato allo stato brado, cotto a bassa temperatura (60 gradi) servito con chips di cotenna croccante, santoreggia e crema di mele. Bello e ordinato l’impiattamento (forse il più bello della cena), croccanti le chips di cotenna, piacevole la dolcezza delle mele e il profumo dell’erba santoreggia che, tradizionalmente, si abbinano bene al maiale. Grazie alla cottura a bassa temperatura, la carne era rosa, dal gusto intenso, ma purtroppo di difficile masticabilità, soprattutto per la presenza di venature di collagene non sufficientemente ammorbidite dalla cottura. Non ho trovato piacevole la sensazione gelatinosa al palato e la difficoltà alla masticazione. Comprendo che un animale allevato allo stato brado abbia una carne meno morbida, un gusto più pieno e deciso, apprezzo l’uso di tagli non ritenuti di pregio e poco usati, ma il piatto non ha entusiasmato.

Goloso il dolce, che gioca su un altro classico abbinamento: cioccolato fondente e lamponi (proposto in carta a 10 euro, un po’ troppo caro). Nessun difetto in questa mousse, soffice e piacevole al palato, arricchita da nocciole, e con una base di cioccolato di Modica cona sua tipica granulosità. Un mousse morbida, ben contrastata dall’acidità della coulis di frutti rossi.

Per finire, lo chef ci ha divertiti, riportandoci all’infanzia, con zucchero di canna filato, una piccola e intensa meringa alla menta, e con tartufini home made di cioccolato di Modica. Carta dei vini prevalentemente naturali e biodinamici con ricarichi onesti. Segno dell’attenzione del ristorante a una viticoltura sostenibile. Netta prevalenza di vini bianchi a denominazione d’origine, Umbria, Friuli, Veneto, Lazio. Servizio molto cortese e veloce, nonostante la complessità dei piatti. Sicuramente la possibilità di assaggiare a Roma un menu degustazione moderno e interessante a 50 euro (quando spesso nelle trattorie di Trastevere una carbonara mal eseguita costa almeno 13 euro), è un motivo sufficiente per provarlo. E vi consiglio di fidarvi dello chef e provare uno dei due menu degustazione, con un rapporto qualità prezzo indubbiamente conveniente. L’impegno etico all’uso di materie prime locali e comunque italiane è un plus che non si può non tenere in considerazione. Da provare.

(visitato nel novembre 2017)

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