Il rito dell’uccisione del maiale in Calabria – parte 2

La Cardara

Proseguendo il racconto di ciò che rappresenta una tradizione ancora molto sentita seppur meno praticata, in questo articolo vi parlo di come le parti meno nobili del maiale venivano cotte nella mia zona. Anzi nel mio piccolo paese. E’ una precisazione dovuta perchè a distanza di pochissimi chilometri il procedimento è diverso.

Ho fatto le riprese di questa giornata meno faticosa della prima, ma se non ve la sentite di vedere il video lo capisco. Il mio tentativo è infatti quello di riuscire a raccontare attraverso le immagini ciò che si sta sempre più perdendo ma che un tempo era considerato sicuramente un importantissimo momento di convivialità, lavoro e soprattutto preparazione del cibo per tutto l’inverno. Sotto al video trovate la spiegazione dettagliata.

Quindi, il secondo giorno era ed è tradizionalmente dedicato alla cardara che altro non è un grande pentolone di rame stagnato dove si cuociono le ossa del maiale insieme ai ciccioli e a tutto il grasso del povero animale. Da questo grande pentolone si avrà ciò che un tempo era considerato l’oro dell’inverno. Sajimi (Strutto), le frittole con i ciccioli e le ossa del maiale. Viene posta in un ambiente chiuso, in modo che la brace non si spenga velocemente.

Il primo giorno, oltre alla salsiccia, si preparano tutti i grassi del maiale che servono per il pentolone. (Potete leggere l’articolo più dettagliato qui). Dalla cotenna si tagliano le strisce di grasso che verranno poi macinati e ridotti in quasi una crema, dalla parte in cui sono avvolte le costate del maiale , dette zunzi, viene poi ricavata una croce. ll simbolo della croce, come simbolo di fede e di benedizione viene più volte ripetuto in varie circostanze. Dalla pellicola che si sfila facilmente dal grasso, verrà poi unta la grande pentola. Una volta poi unta la grande pentola, verrà messa da parte e si racchiuderà il famoso capicollo calabrese.

I pezzi dell’animale si rasano dai peli che sono rimasti attaccati alla pelle. La prima vera pulitura è stata fatta dagli uomini quando prima di appendere l’animale dagli arti posteriori per squartarlo e scuoiarlo, con l’ultilizzo dei coltelli procedono alla prima rasatura. Le ossa quindi dell’animale, passano dalle mani delle donne che procedono ad una pulitura più profonda, un tempo con i coltelli, oggi con dei comuni rasoi.

Il giorno prima, si prepara un posto dove accendere il fuoco, fuoco che dovrà ardere per moltissime ore e dovrà produrre tantissima brace. Si prepara con calma il giorno prima in modo che il giorno della cardara si debba solamente accendere il fuoco almeno 2 ore prima si quando si mette su il grande pentolone di rame. Quest’operazione toccava all’uomo di famiglia.

Al mattino si lava la cardara, prima si fa scaldare l’aceto, poi si versa il sale e con due pezzi di limone si sfrega la superficie di rame per pulirla e disinfettarla. Questo procedimento va fatto per due volte e si finisce sgrassando il pentolone con una pietra naturale, in dialetto chiamata Strolaghu, una pietra simile al mollis. Questo procedimento va fatto per due volte e nel video vedrete anche una particolarità riguardo la colorazione del rame.

Quando si riempie il pentolone si comincia con la croce formata dagli Zunzi, che viene sovrapposta a due vecchie forchette anch’esse poste a croce. Piano piano si aggiungono il resto dei grassi fino a coprire le pareti della grande pentola. Tutti questi grassi, come già detto, vengono tagliati dalle strisce di cotenna, in dialetto chiamate Fringhe.

Via via si procede con il resto dei pezzi del maiale, cominciando con i 4 gamboni che si mettono a forma di piramide, poi con i piedi e poi con i pezzi sempre più piccoli. I gamboni essendo più grossi hanno bisogno di una cottura più lunga ed è per questo che si mettono per primi. Si prosegue poi con le orecchie, il muso, il cuore, la lingua e la pancia messa quasi a cappello. In ultimo si mettono tutti i pezzetti di ossa piccoli rimasti, ben attenti che non tocchino le pareti della cardara.  Le ossa in questione sono quelle del filetto, delle costatine che vengono poi coperte con le frittole, i pezzetti di cotenna tagliati in forma quadrata sulla quale, ancora una volta si è segnata una croce. Si copre con una cesta e si prepara la cenere dove verrà posata la brace che cuocerà la carne per diverse ore. La prima brace viene posata sulla cenere simboleggiando la croce, dopodiché, si procede coprendo tutto il cerchio.

La cardara non viene appoggiata sulla brace ma appesa ad una catena, un tempo invece veniva appesa ad una corda. La brace deve essere in abbondanza ed è per questo che il fuoco si accende tanto tempo prima di mettere su la grande pentola. Ogni 5 minuti circa la brace va “svrasata”, cioè va smossa sul cerchio mentre ogni 15 minuti circa ne va aggiunta dell’altra e così via per tutte le ore che sarà necessario cuocere.

Dopo circa 2 orette, si aggiunge il sale che è stato sciolto in acqua bollente e si versa nella cardara. Quest’operazione si fa versandola su si uno strofinaccio bianco. Si mescola la carne con il grande cucchiaio di legno e si lascia cuocere.Quest’operazione si fa in modo che la sugna penetri tra tutti i pezzi messi in cottura. Si lascia cuocere per ancora un’oretta e da questo momento in poi si comincia la ricerca delle cose cotte, ovviamente le cose più piccole si cuociono prima e si toglie dal pentolone tutto ciò che dai rebbi di una forchetta si capisce essere cotto. Il grande cucchiaio di legno ha dei buchi che servono per far colare lo strutto dai pezzi di carne da togliere dal calderone quando sono cotti.

Nel frattempo che gli ultimi pezzi si cuociono, si preparano dei barattoloni di vetro dove si mettono le frittole, le cotenne cotte, dove poi si aggiungerà lo strutto che una volta freddo si solidificherà.

Tolte le ultime cose dal grande pentolone si può “crescere” la cardara. Che significa mettere tutto lo strutto nei grandi contenitori di vetro che saranno poi riserva di cibo per tutto l’inverno. Nel momento in cui si stacca la cardara dalla catena in cui si tiene appesa si recita “che dio sia lodato, oggi e sempre”. L’operazione della “crescitura” della cardara era sempre riservata alla persona più adulta presente ed è comunque vissuta come una sorta di augurio, una cosa positiva per il cibo che si potrà avere da quest’operazione.

Si sgancia quindi la cardara e si poggia su un sacco di juta umido e si cominica con la “crescitura”. Si raccoglie nei vasi lo strutto, oggi in comuni vasi di vetro, ma un tempo erano usati i cortarelli, cugnetti e supperi, tutti contenitori in creta. In questi contenitori si trasferiscono anche le frittole, alcuni pezzi magri che si useranno nell’arco dell’inverno.

La parte che rimane sul fondo della pentola sono i ciccioli che vengono scolati dal liquido e versati in un contenitore di vetro e nella suppera, un grande contenitore di creta.

Una parte dello strutto viene poi destinato alla preparazione del sapone di casa.
La padrona di casa infine prepara dei piattini con dei pezzi di carne da donare alle persone che durante questi giorni di lavoro l’hanno aiutata.
Si lava così la cardara, con lo stesso procedimento della mattina e si ripone in un luogo asciutto fino all’anno successivo!

 

 

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