Bitterballen

Se ogni tanto fate il brodo, avrete avuto il problema di che cosa fare della carne dura, filacciosa e insipida e vi rimane, almeno se non avete in casa un cane o un gatto poco schizzinoso. Le soluzioni che si danno di solito sono due: la potete gettar via, oppure farne delle polpette. Come sanno i miei coinquilini, io non scarto quasi mai nulla che sia ancora commestibile, perciò seguo più spesso la seconda strada. Tradizionalmente, da noi le polpette si preparano aggiungendo alla carne lessa tritata del pane secco ammollato, delle uova, aglio o altri aromi e, possibilmente, dell’insaccato. Una soluzione alternativa e un po’ particolare sono queste bitterballen, ricetta che viene dai Paesi Bassi, dov’è servita di solito come spuntino assieme ad una birra o un liquore. Il nome, che è in riferimento a quest’ultimo abbinamento, significa letteralmente “palle da amaro” (non, come ha tradotto qualcuno, “palle amare”, che sembrano piuttosto il naturale accompagnamento dei proverbiali “cazzi acidi”).

Chi è stato nel Paese dei tulipani saprà che la cucina locale lascia alquanto a desiderare, se si escludono le aringhe crude, i meravigliosi stroopwafel e, appunto le bitterballen. Se volete mangiare volentieri in Olanda, vi consiglio di visitare un ristorante indonesiano oppure, nell’ordine, prima un coffeeshop e poi il fast-food più economico che trovate nel raggio di trecento metri.

Qualche giorno fa, parlando di ricette con un matematico, riflettevamo su quanto siano fastidiose sia quelle che danno le istruzioni alla seconda pesona singolare (come “prendi un uovo, sbattilo”) sia, ancor più, quelle che le danno alla prima singolare (“prendo un uovo, lo sbatto”). Per ridere, gli ho promesso che avrei scritto la seccessiva all’impersonale, come un problema di matematica e così ho dovuto fare.

Siano dati:

  • Carne lessa di cui almeno 1/2 di manzo, ben nettata del grasso, dei tendini e di tutte le parti incommestibili = 300 g
  • Brodo di carne = 600 mL. Se e solo se non si vuole consumare il brodo buono, lo si tagli o sostituisca con brodo di dado
  • Burro = 60 g
  • Farina = 60 g
  • Cipolla tritata molto finemente = 30 g
  • Noce moscata grattuggiata = 0,5 cucchiaini (è tanto, ma si deve sentire)
  • Prezzemolo fresco tritato = una quantità maggiore o uguale a zero
  • Sale = una quantità grande a piacere
  • Pepe nero = una quantità grande a piacere
  • Uovo = 1
  • Farina bianca di frumento = quanto basta
  • Pangrattato = quanto basta
  • Olio o strutto per friggere

Si sfaldi molto bene la carne fredda con le mani e la si triti con un coltello quanto si vuole (anche quasi per nulla, come faccio io).

In un tegame, si faccia sciogliere il burro. Si unisca la farina al burro e la si faccia cuocere a fuoco basso quanto basta a renderla un po’ dorata. Mescolando bene e continuamente con una frusta, tenendo a fuoco basso, si aggiunga tutto il brodo un poco alla volta, facendo attenzione a non formare grumi (è normale che all’inizio si abbia un impiastro colloso). Mi preme far notare che quel che si ottiene è una salsa vellutata, non certo una besciamella, come purtroppo mi è toccato leggere su un certo sito per ignoranti di cui non faccio il nome (inizia con “Giall-” e termina con “-fferano”). Si continui a cuocere fino a che la salsa non bolle e si faccia sobbollire fino ad ottenere una consistenza ben densa. Si regoli di sale e pepe, si aggiungano la cipolla, la noce moscata, il prezzemolo e la carne e si mescoli molto bene. Si metta poi tutto a raffreddare nel frigorifero per almeno qualche ora, fino a che il composto non si compatti e raggiunga una densità δ tale che si possa facilmente manipolare.

Dal miscuglio ottenuto, si formino delle sfere di diametro 2r = 4 cm. Per evitare che l’impasto si attacchi alle mani, si bàgnino queste nell’acqua con la frequenza f necessaria e sufficiente.

Si impanino benissimo le sfere ottenute, operazione che diventa più semplice se queste vengono prima tenute per almeno mezz’ora in congelatore. Per far questo in modo pulito, si rompa un uovo in un contenitore di forma più o meno semisferica, come una coppa da gelato, e lo si batta molto bene, con un pizzico di sale. In un altro contenitore simile si versi la farina e, in un terzo, il pangrattato. Con un cucchiaio, si trasferisca ogni polpetta prima nella farina, poi nell’uovo, poi nel pangrattato facendola ogni volta ruotare fino a che non sia completamente ricoperta. All’ultimo passaggio, la si prema un po’ con le mani e la si passi di nuovo nel pangrattato in modo che la copertura sia molto compatta. Chi ha più pazienza di me, può passare una seconda volta ogni polpetta nell’uovo e poi nel pane. La crosta dev’essere spessa e stabile, perché il contenuto ritorna molle con la frittura e non deve uscirne.

Si friggano le bitterballen in olio profondo almento quanto la loro altezza a temperatura media, circa 140 °C, fino a che la panatura non è ben dorata. Temperature più alte farebbero scoppiare le polpette, con risultati non catastrofici come potreste immaginare, ma spiacevoli. Si servano le sfere accompagnate da senape e una buona birra.

Le bitterballen si possono benissimo congelare e friggere direttamente, sempre in olio profondo e a temperatura media, per almeno 6–7 minuti.

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