Biscotti frollini (2.0)

Tempo fa, diedi una ricetta di biscotti frollini che mi aveva soddisfatto parecchio, ma devo dire che quest’altra è senz’altro molto migliore. Onore al merito! La riporto qui quasi uguale, con pochi cambiamenti e osservazioni aggiuntive, alcune prese dalla mia versione precedente.

La ricetta, come i più acuti osservatori avranno realizzato, è una versione solo poco modificata di quella usata (o meglio proposta) da una celebre azienda italiana e debbo dire che viene davvero molto simile nel risultato. In altre occasioni non mi sono fatto problemi a menzionare marche specifiche, ma in questo caso, a nominarla, mi sembrerebbe più che di dare una disinteressata opinione personale, di voler sfruttare a mio vantaggio il successo di un loro prodotto, che se non è inopportuno, è almeno di cattivo gusto. Ne faccio un punto d’onore: quel che guadagno con questo blog* voglio che sia farina del mio sacco, non del mulino altrui.

* naturalmente, una cifra negativa con nessuna voce nella partita dell’Avere.

  • Farina bianca di frumento debole, per dolci: 500 grammi, oppure 450 + 50 grammi di amido di mais (o fecola di patate o altro amido), più quella che serve per infarinare il ripiano
  • Zucchero bianco, molto meglio al velo: 80–100 grammi
  • Burro: 100 grammi (o margarina)
  • Olio di semi: 100 grammi
  • Un uovo
  • Lievito chimico per dolci: 12 grammi, cioè circa un cucchiaio, oppure sei grammi di lievito e quattro di ammoniaca per dolci
  • Panna liquida: cinque cucchiai, oppure tre o quattro cucchiai di latte
  • Due pizzichi di sale
  • Se né lo zucchero né il lievito che avete sono vanigliati: una bustina di vanillina

Con questa ricetta vengono circa 700 grammi di frollini, cioè circa quelli che ci sono nelle confezioni grandi del supermercato.

Mescolate la farina, il lievito, lo zucchero e il sale e, se serve, la vanillina. Se volete, potete adoperare anche estratto di vaniglia o semi di vaniglia, ma la differenza non si sentirà. Con lo zucchero semolato al posto dello zucchero al velo, i biscotti vengono più secchi e croccanti e, secondo me, decisamente peggiori. Se non avete zucchero al velo o non vi va di spendere l’incomprensibile differenza di prezzo, macinate lo zucchero semolato nel frullatore alla massima velocità (ma attenti a non far surriscaldare il motore!).

Riscaldate l’olio fino a renderlo tiepido, quindi versateci il burro e fatelo sciogliere del tutto, lentamente, lontano dal fuoco. L’autrice della ricetta originale mette il miscuglio in frigorifero per farlo addensare, ma, fatta la prova, se si lavora abbastanza in fretta, la temperatura non fa molta differenza. Mescolate molto rapidamente il miscuglio di grassi alle polveri.

Sbattate l’uovo e mescolatelo alla panna. Se usate del latte, otterrete dei biscotti un po’ meno compatti, ma quasi altrettanto buoni. Incorporate molto rapidamente al resto dell’impasto e lasciate riposare una decina di minuti, al fresco, per far idratare la farina. Stendete su un piano leggermente infarinato, con un mattarello (pure infarinato), allo spessore di circa un centimetro o poco meno. Ritagliate della forma che preferite, trasferite su una teglia coperta di carta da forno e cuocete a 170 °C per quindici minuti o giù di lì, fino a che non iniziano ad essere dorati. Fate raffreddare perfettamente su un graticcio e conservate i biscotti freddi in un recipiente chiuso ermeticamente, a temperatura ambiente. Si mantengono buoni per… non so, non mi sono mai durati più di una settimana!

L’impasto, anche già steso e ritagliato, si può benissimo congelare, a patto che si tengano i singoli pezzi separati tra loro fino a che non sono gelati e che siano poi conservati in un sacchetto ben chiuso.


L’ammoniaca per dolci si chiama anche in molti altri modi: bicarbonato di ammonio, ammoniaca in polvere, carbonato acido di ammonio, idrogenocarbonato di ammonio. È una polvere bianca dal pestifero odore di ammoniaca che s’impiega in cucina da molti secoli e che, come ho già avuto modo di dire, si decompone col calore in anidride carbonica ed ammoniaca: due gas non lasciano alcuna traccia nel prodotto finito, a patto che sia perfettamente secco. La potete trovare in alcuni supermercati forniti, in drogheria o, forse, chiedere a un pasticcere. Se la usate, ricordatevi di non assaggiare l’impasto crudo, fate in modo di poter arieggiare bene la stanza dove cuocete i biscotti ed evitate di mettere il viso direttamente davanti all’apertura del forno quando lo aprite: i vapori bruciano gli occhi.

Questa sostanza è anche uno dei vari tipi di sali che si usano per far tornare in sé le persone svenute. La pratica è associata più comunemente alle dame dei secoli scorsi, che cadevano spesso in deliquio un po’ per via dei corsetti strettissimi che portavano, che impedivano di respirare più profondamente dopo uno sforzo o uno spavento, un po’ anche perché svenire era di moda. Bella moda, direte, ma considerate che ora piacciono i risvoltini, i bastoni per selfie, e Valerio Scanu. Come ho detto, però, i sali si usano. L’inalazione di ammoniaca è effettivamente molto efficace in questi casi, e i sali che la liberano si preparano e si vendono ancora per questo scopo. Quando il gas irritante entra nel naso e nei polmoni, induce per riflesso ad inalare molto profondamente stimolando il sistema simpatico, il che spesso basta a riprendere coscienza. Sono adoperati anche da alcuni sportivi prima di uno sforzo molto intenso e, fino a pochi anni fa, erano di uso comune in sport violenti come il pugilato, per ridestare i lottatori. La pratica è ora vietata, non tanto per la (minima) tossicità dell’ammoniaca, ma per evitare che possano prolungare ostinatamente la lotta oltre al punto che il loro fisico può reggere naturalmente. Per la sessa ragione, ai cardiopatici è interdetto il Viagra.

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