Addio a Dolores, la voce rock che segnò la nostra adolescenza

di Laura Ceresoli
Per molte ragazze Dolores O’Riordan è stata un modello canoro da emulare. Chi come me ha vissuto l’adolescenza nel pieno degli anni Novanta non può dimenticare i gorgheggi rock della leader dei Cranberries. Quando per la prima volta sentii alla radio la malinconica “Linger” rimasi subito colpita dallo stile originale che aveva Dolores nell’interpretare i suoi brani. Modulava la voce con grande abilità passando da alti taglienti a bassi pacati come tenere ninnananne celtiche. Il mio ricordo di Dolores è legato al primo disco che ho consumato di una band irlandese che non fosse quella degli U2; un cd dal titolo impronunciabile («Everybody Else Is Doing It, So Why Can’t We?») che mi fu regalato da mia madre per sollevarmi il morale in un giorno di febbre. È legato al viaggio in auto con le amiche dell’Università alla volta del Forum di Assago per assistere al concerto dei Cranberries. E poi mi tornano alla mente i pomeriggi trascorsi in sala prove cantando “Zombie”. Ero una sedicenne timida all’epoca e mi illudevo di diventare la leader di una rock band come quella di Dolores, nascondendo l’imbarazzo dietro il microfono. Quanti ricordi nella mente. E quanti sogni rimasti inespressi. “Sii sempre te stessa lungo la strada – diceva Dolores O’Riordan – Vivendo fino in fondo lo spirito dei tuoi sogni”.


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